Sono gli stupri del silenzio. Quelli che contano poco, che non meritano neanche una manifestazione di solidarietà, un documento, una citazione. Perché, nell’antisemitismo crescente, non sono ritenuti abbastanza gravi. Forse nemmeno molti. Forse nemmeno accaduti. Chissà.
Eppure, su quanto è accaduto durante il pogrom del 7 ottobre — e, secondo alcune testimonianze, è poi proseguito nei tunnel di Gaza — esce oggi The Dinah Report, un documento che intende infrangere quel silenzio, anche a costo di rivelare verità amare. Uno scritto che racconta storie infami e che, prima di ogni altra cosa, vuole ribadire che Hamas ha usato la violenza sessuale come arma di guerra. Per spezzare il nemico. E per umiliare quelle donne così diverse, alcune addirittura soldatesse, con l’antica pratica della sopraffazione fisica. Un messaggio: che nessuna si azzardi più a combattere, altrimenti farà la stessa fine, se non peggiore. E, nel frattempo, occhi bassi.
Nel report sono raccolti i racconti di 15 ostaggi rilasciati e di 17 sopravvissuti al massacro del Nova Festival o nei kibbutz di Re’im, Nir Oz e Kfar Aza.
Tra le persone che hanno subito stupri ci sono anche due uomini, uno dei quali è stato interamente rasato.
Le testimonianze dei sopravvissuti non si limitano a narrare quanto subito in prima persona, ma includono anche i dettagli di ciò che accadeva attorno, a chi non è più in vita per raccontarlo.
Una donna, ad esempio, mentre veniva violentata a turno, sentiva le urla della sua amica, assassinata poco dopo. Uno choc nello choc.
Una delle vittime non riesce ancora a tornare a una vita normale, a parlare, a interagire con gli altri. Perché le donne che raccontano sono sopravvissute, e sentono profondamente questa condizione: la differenza fra la loro brutta sorte e quella, peggiore, di chi è stata legata a un albero, stuprata e mutilata, oppure violentata anche da morta.
Ad alcune hanno sparato nei genitali, dopo le sevizie, subito prima del colpo di grazia.
Perché diffondere questi dettagli tremendi?
Perché, ancora una volta dopo la Shoah, le vittime sentono di non essere credute, forse neppure riconosciute come tali. E hanno voluto, con l’aiuto di psicologi e terapeuti, far ascoltare la propria testimonianza a un mondo che, probabilmente, non ha molta voglia di conoscerla.
Il fatto che il report sia stato pubblicato negli Stati Uniti — e che la stampa americana ne abbia fornito alcune anticipazioni — potrebbe aiutare a ottenere un’audience migliore rispetto a quella, molto bassa, ottenuta finora.
Accanto al racconto del massacro, il report apre anche una finestra su quanto avveniva nei tunnel di Gaza durante la prigionia. Le donne erano spesso costrette a denudarsi, venivano toccate, molestate, umiliate fisicamente e psicologicamente. Il loro corpo era diventato un oggetto da usare a piacimento: un mezzo per spezzare la resistenza mentale, per distruggere la personalità.
Era un piacere, per Hamas, danneggiare quei corpi che, fino a pochi giorni prima, sapevano difendersi con un mitra, camminavano coi capelli al vento, rivendicavano il diritto di decidere della propria esistenza.
Perché, se nella guerra e nella prigionia il sadismo ha sempre trovato casa, nel caso delle donne ostaggio dei terroristi la violenza ha assunto la forma di una guerra tra civiltà. Chi non accetta la libertà femminile, di certo non apprezza una soldatessa o una donna indipendente. E, se può, prova a distruggerla.
Fino a questo report non si sapeva dei due uomini violentati nei tunnel. Un dettaglio che aggiunge nuova barbarie a quanto già noto: la fame, il terrorismo psicologico sulle famiglie, la negazione perfino di un gabinetto, per umiliare ulteriormente il prigioniero e negargli la dignità.
Ora la speranza è che, da questo documento, il mondo prenda coscienza di quanto è accaduto.
Ma se ricordiamo che Greta Thunberg ha rifiutato di vedere i video del 7 ottobre durante il suo breve soggiorno in Israele, allora diventa chiaro: su queste violenze molti preferiscono voltarsi dall’altra parte.
Gli stupri del silenzio: la vergogna taciuta del 7 ottobre Gli stupri del silenzio: la vergogna taciuta del 7 ottobre Gli stupri del silenzio: la vergogna taciuta del 7 ottobre