A quasi due anni dal massacro del 7 ottobre 2023, una cinquantina di ostaggi israeliani restano ancora nelle mani di Hamas. Secondo le ultime stime dell’intelligence IDF e fonti giornalistiche internazionali, non più di 20–27 di loro sarebbero ancora vivi. Gli altri, in tutta probabilità, sono già morti – uccisi nei raid, giustiziati dai carcerieri o vittime delle condizioni disumane nei tunnel in cui vengono tenuti prigionieri.
Sono le ultime vite sospese, bloccate in un labirinto sotterraneo che da mesi sfugge alla mappa della salvezza. Israele li cerca, li conta, li nomina uno a uno. Ma il tempo stringe, e il terreno di Gaza, disseminato di macerie, è un nemico quanto i terroristi che li nascondono. I tunnel sotterranei scavati da Hamas arrivano a 752 km., una dimensione per noi inarrivabile: nei sessanta anni di storia della metropolitana di Roma, sono stati scavati in tutto 60 km: quelli sotto Gaza sono 12 volte quelli di Roma. E in quei sotterranei rimangono uomini e donne dalle vite in sospeso.
Dei 251 ostaggi presi da Hamas il giorno dell’attacco, circa 50 risultano ancora prigionieri nella Striscia. Di questi, tra i 20 e i 27 sarebbero ancora vivi, secondo fonti incrociate tra Reuters, AP e lo Shin Bet. Un numero in calo costante, frutto di esecuzioni, colpi accidentali nei raid israeliani, o semplicemente delle condizioni impossibili in cui sono costretti a sopravvivere.
Gli ostaggi sono detenuti in appartamenti privati, strutture civili e soprattutto nei tunnel sotterranei di Hamas, noti come la metropolitana di Gaza. Queste gallerie, profonde anche 30 metri, non hanno luce né ventilazione. Alcune sono lunghe centinaia di metri, costruite con cemento rubato all’UNRWA. I superstiti vivono legati, al buio, con acqua razionata e senza cure mediche. Le latrine sono bottiglie di plastica, le pareti grondano umidità. Un inferno.
Tra gli ostaggi ancora vivi si citano i nomi di Bar Kuperstein, Gali e Ziv Berman, Alon Ohel, Avinathan Or (il fidanzato di Noa Argamani, liberata lo scorso giugno), e almeno una decina di altri, confermati dalle famiglie come presenti nella cosiddetta “lista della fase 2”, la seconda tornata di prigionieri destinata a essere liberata. Ma i negoziati si sono arenati. Hamas li tiene come merce di scambio, scudi umani e strumenti di propaganda.
Ricordiamo qui, ogni giorno, i nomi degli ostaggi vivi e degli ostaggi morti. Lo faremo incessantemente. Instancabilmente. Fintanto che tutti coloro che si guardano bene dal parlare degli ostaggi del 7 ottobre non proveranno, finalmente, vergogna.
Sottoterra nel buio: i 20 ostaggi israeliani ancora vivi di Hamas VIAGGIO NELL’UEA (Unione Europea Antisemita) Finlandia Sottoterra nel buio: i 20 ostaggi israeliani ancora vivi di Hamas