Per anni al vertice del controspionaggio italiano, Marco Mancini è stato protagonista silenzioso di operazioni complesse e delicatissime, e conserva tutt’oggi una rete impressionante di informatori attivi anche nelle aree più impenetrabili del mondo. Teheran inclusa. In un’intervista esclusiva per Il Riformista, l’ex dirigente dei servizi italiani racconta ciò che accade dietro le quinte della Repubblica Islamica, mentre il mondo osserva con apprensione l’escalation in Medio Oriente.
La Guida Suprema, Ali Khamenei, non è stata colpita in nessuno degli attacchi recenti. Si trova, secondo fonti riservate, nel bunker iperprotetto di Lavizān, a nord-est di Teheran. Una struttura militare che si estende per cento metri sotto terra, progettata da un ingegnere nordcoreano, dove la famiglia Khamenei — la moglie e i cinque figli — vive blindata. Il rifugio è dotato di schermature metalliche anti-bomba, ma non invulnerabile: gli Stati Uniti, rivela Mancini, dispongono dell’arma capace di penetrarne le difese. E Khamenei lo sa. Al punto da essere in preda ad attacchi d’ansia incontrollati.
La sua salute, già compromessa da un cancro alla prostata, è in grave peggioramento. Ha bisogno di cure costanti, con un’equipe medica selezionata composta da cinque sanitari, un cardiologo, un chirurgo e il suo medico personale, Ali Reza Marandi, il cui figlio — ufficiale Pasdaran — avrebbe diffuso la falsa notizia dell’eliminazione del leader. Un episodio sospetto, che ha allarmato l’intelligence.
Nel bunker sono presenti circa 80 guardie scelte e, all’esterno, oltre 200 soldati dei Pasdaran, che raddoppiano i turni nelle ore notturne, temendo incursioni israeliane all’alba. E mentre Khamenei è costretto alla clandestinità, il potere si sposta nelle mani del Consiglio Rivoluzionario, che ha imposto decisioni drastiche sulla popolazione civile per impedirne la fuga: razionamento del carburante, tetto massimo di 15 litri per auto, conti bancari bloccati, prelievi in contanti sospesi con la scusa di cyberattacchi.
Ma il regime mostra segnali di collasso anche dall’interno. Mancini rivela due casi eclatanti. Ali Azgar Yezahi, vicecapo dell’ufficio di Khamenei, sarebbe pronto a fuggire a Mosca con l’assistenza del GRU, i servizi russi. Anche Logiatislan Golpyagani, capo dell’ufficio della Guida, potrebbe essere prossimo alla fuga: sospettato da tempo di essere una talpa russa infiltrata nel cuore del potere iraniano.
Intanto Israele ha intensificato una campagna chirurgica per eliminare i vertici dell’apparato militare e nucleare iraniano. Uno degli scienziati colpiti è Saed Boryi, esperto in test atomici al centro di Parkin, ucciso il 14 giugno. Il suo assistente più fidato, Mohamed Abedini Najafabadi, è stato arrestato in Italia e successivamente liberato nel contesto del negoziato per la giornalista Cecilia Sala.
Il panico si diffonde anche tra la popolazione. Centinaia di arresti al giorno, il carcere di Evin trabocca con oltre 2.000 detenuti, molti dei quali oppositori politici. Proprio oggi, dice Mancini, sono previste 147 esecuzioni. Il reparto 209 del carcere è un girone dantesco: tre piani di torture sistematiche, dalle scariche elettriche agli abusi sessuali, fino alla sospensione con pesi agli organi genitali. «È la quotidianità di chi ha avuto il coraggio di sfidare il regime», racconta l’ex funzionario, che ha in mano una mappa aggiornata della struttura.
L’informazione italiana, secondo Mancini, ignora o minimizza. Ma se davvero, come tutto lascia intendere, Israele punta a un regime change, la liberazione del popolo iraniano potrebbe passare proprio da queste azioni militari mirate. E in quel caso, conclude con fermezza, «milioni di persone dovranno essere grate a Israele».
Marco Mancini: i segreti del bunker di Khamenei e il regime iraniano in bilico Marco Mancini: i segreti del bunker di Khamenei e il regime iraniano in bilico Marco Mancini: i segreti del bunker di Khamenei e il regime iraniano in bilico