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L’Europa debole e ambigua, ultima fiancheggiatrice degli ayatollah

Stefano Parisi

Tempo di Lettura: 4 min
L’Europa debole e ambigua, ultima fiancheggiatrice degli ayatollah

L’ingresso degli USA nel conflitto mediorientale mette davanti alle loro responsabilità i paesi protagonisti e i paesi che vorrebbero esserlo.
Il Regime degli ayatollah, che impone da 46 anni un sistema teocratico e sanguinario in Iran, ha nelle sue ragioni fondative lo sterminio degli ebrei in Israele, la distruzione di quel paese per sostituire una delle più avanzate democrazie del mondo con la Repubblica Islamica, dove verrebbe vietata qualunque pratica religiosa che non fosse sciita, dove le donne sarebbero sottomesse, gli omosessuali perseguitati. Quel regime è una minaccia per Israele, per i paesi arabi moderati e per il mondo intero. Quel regime offre i propri droni alla Russia nella guerra all’Ucraina.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con USA, UK, Francia, Russia, Cina più la Germania, nel 2015 ha negoziato un accordo (JCPOA) sul nucleare iraniano, nel quale la Repubblica Islamica dell’Iran si impegnava a non superare il 3,67% nell’arricchimento dell’uranio in cambio di una riduzione delle sanzioni allora imposte.
Nel frattempo, l’Iran ha arricchito al 60%, ben oltre la soglia dell’uso civile, 450 kg di uranio ed è a un passo dal costruire 10 testate atomiche. Nel corso dei negoziati del JCPOA i paesi seduti al tavolo negoziale non hanno imposto la rinuncia all’obiettivo di distruggere Israele. Da allora l’Iran, oltre a preparare la bomba atomica, ha armato Hamas, Hezbollah e Houti. Dal 7 ottobre del 2023 è stato regista e protagonista del più lungo, intenso, sanguinoso, diffuso e multipolare attacco a Israele. Quel “mai più”, che per ottanta anni abbiamo sostenuto con tanta retorica, è svanito nel sangue.

Nella notte del 13 giugno scorso Israele ha eseguito un’operazione militare e d’intelligence senza precedenti contro il regime iraniano. Preparato da anni, è certamente un attacco che cambierà la storia dei conflitti nel mondo. Ha decapitato gran parte della prima linea del regime, ha eliminato gran parte degli “scienziati” che detenevano il know how nucleare, ha aggredito la capacità offensiva iraniana. Israele deve eliminare le minacce alla propria esistenza e l’Iran è la prima minaccia. Se nessun’altro se ne occupa, deve farlo da sola. Gli USA lo sanno, dopo molti tentativi di riprendere un percorso diplomatico che rischiava di trasformarsi in un dissuasivo per prendere il tempo necessario (poche settimane) a completare il processo di produzione delle bombe, hanno preso atto che quella strada era preclusa. E hanno distrutto la capacità nucleare iraniana. Mai più.

In questo scenario, risulta davvero incomprensibile il timido e incerto atteggiamento degli europei. Dopo ottanta anni dalla fine dello sterminio di 6 milioni di ebrei, dopo fiumi di retorica del “mai più”, dopo anni di attentati terroristici dell’Islam Radicale nelle nostre capitali, l’unica posizione che i governi europei sanno prendere in questo conflitto è l’auspicio di una “de-escalation”? Fatta salva la dichiarazione di Merz che ha detto quello che tanti pensano (che Israele sta facendo il gioco sporco per noi), i leader europei, ambigui da sempre sul tema della sicurezza in Medio Oriente, anche questa volta hanno avuto posizioni che sembrano più accontentare le opinioni pubbliche interne che non incidere su un processo che elimini i rischi per il mondo e garantisca la sicurezza di arabi ed ebrei.

Dopo il 7 ottobre hanno interrotto le collaborazioni militari con Israele, hanno dichiarato di voler riconoscere lo Stato della Palestina, Macron ha oscurato gli stand di quattro aziende israeliane all’Air Show di Parigi. Starmer, Macron e Merz, nei giorni scorsi, hanno assunto un’iniziativa incontrando il Ministro degli esteri iraniano, Araghchi. Un buco nell’acqua.
Sono azioni che, nei fatti, tentano di dare ancora respiro al regime iraniano, ormai all’angolo. Come è possibile che l’Europa oggi non senta l’esigenza di riscattare un passato orrendo, cogliendo l’occasione, per la prima volta nella storia del dopoguerra, di proteggere gli ebrei, in Israele e in Europa? Perché l’Europa, che finalmente si riarma per sostenere Kiev nell’affrontare il rischio Putin, chiede la resa senza condizioni a Gerusalemme? Se l’Europa vuole la fine della guerra a Gaza non può che guardare la sua storia e giocare un ruolo attivo per la sicurezza degli israeliani e per liberare il Medio Oriente dalla minaccia iraniana.


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