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7 Ottobre: la memoria corta dell’Occidente di fronte a Israele

Cinzia Emanuelli

Tempo di Lettura: 5 min
7 Ottobre la memoria corta dell'Occidente di fronte a Israele

È l’alba del 7 ottobre 2023, sul cielo terso di Israele piovono circa 5000 razzi lanciati da Hamas. Poco dopo, 3000 uomini, affiliati ad Hamas, rompono le protezioni che separano i territori di Gaza da quelli di Israele e forzano i checkpoint dei Kibbutz dal sud della Striscia con numerosi Pick-up, tutti uguali e carichi di uomini armati; inoltre, da quello stesso cielo azzurro, ormai infiammato dalle esplosioni, arrivano su moto agganciate a dei parapendii centinaia di “miliziani volanti”, dando inizio ad un’operazione terroristica organizzata nei minimi dettagli, come una vera e propria offensiva militare.

Si spara per uccidere, non importa se uomo, donna o bambino.

Era tutto pianificato: “Tempesta Al-Aqsa ”, questo il nome dell’operazione, aveva l’obiettivo di prendere più ostaggi possibili e di uccidere tutti gli altri. “Non sei tu ad uccidere, ma sei guidato dalla mano di Allah”, era scritto sui manuali con le istruzioni che i terroristi portavano con sé; ogni pattuglia aveva le mappe dei Kibbutz e dei rifugi dove le famiglie erano solite chiudersi durante le emergenze. Ogni gruppo aveva un suo obiettivo e conosceva solo il proprio compito, ma non sapeva nulla dell’operazione globale, per impedire che da troppe informazioni potessero esserci fughe di notizie.

1186 persone uccise, 251 innocenti presi in ostaggio, 53 ancora prigionieri di Hamas e di questi almeno una trentina, ritenuti già morti durante gli anni di prigionia. Le vittime sarebbero forse state anche di più, se la corsa folle dei terroristi non fosse stata rallentata dal Supernova Sukkot Gathering, il Festival di musica elettronica che si stava svolgendo a pochi chilometri dai confini sud con Gaza. Sono stati ammazzati 387 ragazzi innocenti, inseguiti nei campi, freddati nei loro nascondigli di fortuna.

Alcuni prima torturati, i cadaveri vilipesi, le ragazze violentate, tirate per i capelli e prese in ostaggio oppure semplicemente portate via per essere esibite, come un trofeo nei loro corpi senza vita e irriconoscibili per le violenze subite.

A chi ha rimosso tutto questo dalla sua memoria storica, è necessario rinfrescarla, perché in realtà, già solo dopo poche settimane, l’impatto devastante della strage del 7 ottobre, ha rivelato la fragilità culturale del mondo occidentale. L’Occidente che piange, perché non sa fare altro, e che sceglie sempre di farlo contro se stesso, schierando i propri sensi di colpa al servizio della causa sbagliata, quella che gli fa chiedere sempre scusa alle altre culture, invece di difendere il proprio diritto ad esistere.

Dopo la strage del 7 ottobre ci si sarebbe aspettati un’ immediata reazione solidale verso Israele, invece, ad ogni giorno che passava, lo sgomento iniziale generava un effetto transfert, per cui la condanna si trasferiva dal terrorismo di Hamas ad Israele, ancor più precisamente, all’ebraismo. È bastato che Israele rivendicasse il proprio diritto all’autodifesa e alla propria sicurezza per ribaltare totalmente la prospettiva.

Forse quell’effetto “MAI PIÙ”, ad 80 anni dall’Olocausto, si è annacquato nel momento in cui Israele viene considerata una potenza economica e militare? Quel credito morale di Israele sembra sicuramente non valere più per i giovani occidentali, che non hanno vissuto gli strascichi di ciò che ha subito il popolo ebraico sotto il nazismo, quei 6 milioni di morti che oggi sembra non impressionino più. I giovani, ad esempio, che frequentano le migliori università, che hanno ogni mezzo tecnologico per informarsi, e che però vivono in un tempo storico che annacqua le coscienze e che confonde continuamente le responsabilità; quei giovani che seguono i nuovi cattivi maestri che li inebriano con il loro narcisismo etico, spingendoli ad indossare la casacca dei buoni e giusti, senza farli riflettere in modo critico, se poi lo siano davvero.

Il mondo occidentale sta sicuramente fallendo la sua missione morale di difesa del “mai più” e abbiamo permesso all’antisemitismo di essere riabilitato dalla politica e dall’informazione. Quei pensieri che nessuno aveva la sfrontatezza di esprimere ad alta voce, sono stati sdoganati: la parola “genocidio” viene usata con pericolosa leggerezza; la politica si sta prestando ad accettare la definizione “pacifismo”, per quello che invece sembra solo “negazionismo”, dimenticando invece di sottolineare con forza, che Israele ha diritto ad esistere come Stato libero e sicuro.

L’opinione pubblica, chi va nelle piazze a manifestare contro Israele, chi sta facendo oggi la caccia morale all’ebreo, dovrebbe fermarsi e riflettere ed essere promotore di soluzioni e non promulgatore di fanatismi. Gli Accordi di Abramo, che Israele avrebbe dovuto firmare con l’Arabia Saudita, e il cui sabotaggio probabilmente era uno degli obiettivi di Hamas, ad esempio, avrebbero portato una normalizzazione dei rapporti tra Israele e i vari Paesi arabi. Un processo di pacificazione che si è interrotto dopo il 7 ottobre.

“Parlare di pace non è sufficiente, ci si deve credere. E nemmeno credere nella pace è sufficiente, ma bisogna lavorarci duramente”diceva Eleanor Roosevelt ; non basta essere un pacifista da salotto per aiutare il processo di pace, ma serve non radicalizzare il proprio pacifismo, a tal punto da farlo diventare un atto di fanatismo. L’Occidente oggi deve orgogliosamente ritrovare se stesso e muoversi partendo dalla propria storia e dalle proprie rivendicazioni. Solo così potremo diventare parte attiva in questa fase di caos geopolitico mondiale, invece di continuare a subire le manipolazioni della propaganda altrui e di essere lo strumento passivo, di un conflitto che la nostra cultura sta combattendo per conto terzi. 7 Ottobre: la memoria corta dell’Occidente di fronte a Israele

Cinzia Emanuelli
Direttrice Il Minotauro Riformista

7 Ottobre: la memoria corta dell’Occidente di fronte a Israele