L’ideologia antisemita europea ha vari gradi ma è unificata da una logica molto compatta. Vi è all’inizio il rifiuto dell’attuale guerra di Israele. Un rifiuto che rimuove la domanda: allora che cosa avrebbe dovuto fare Israele (a parte le solite ipocrite e inconcludenti conferenze) di fronte non solo all’attacco del 7 ottobre ma a un accerchiamento organizzato dall’Iran attraverso Hamas, Hezobollah, Assad, Houthy che deve culminare nella bomba atomica di Teheran?
L’inconsistente risposta “occorreva una risposta proporzionata” (proporzionata a che cosa?) apre in realtà al secondo livello dell’ideologia antisemita, quello esplicitato sin dall’inizio da Gutierres, segretario generale dell’Onu: “il pogrom, orribile, ha però degli antefatti”, e cioè il rifiuto di Israele di accettare i diritti dei palestinesi e un loro Stato.
Naturalmente tale argomento è ideologico perché capovolge la realtà. E’ infatti dal ’48 che sono loro, i palestinesi insieme ai loro sostenitori internazionali, Onu compresa, a rifiutare apertamente l’esistenza di Israele e a operare per la sua distruzione. E siccome è difficile negare che le cose stiano così, evidentemente il negarle è conseguenza di una ideologia antisionista che conduce al rifiuto dell’esistenza dello Stato di Israele. Se tale atteggiamento può non sorprendere negli sconfitti e i traditi della seconda guerra mondiale (i Paesi arabi, sia quelli all’epoca filonazisti sia quelli che alla fine si schierarono con gli europei), è sorprendente negli europei. Per due motivi. Perché l’Europa, già alla Conferenza di Sanremo, fu protagonista degli accordi che stabilivano una terra di Israele dal Giordano al mare e poi per un’altra ragione. Se l’antisemitismo degli anni Trenta-Quaranta fu specifico dei nazionalismi di destra oggi esso è sempre più proprio della sinistra europea.
Qui l’antisionismo nel senso del rifiuto dello Stato di Israele è parte di un odio contro lo stesso Occidente, l’Europa e innanzitutto gli Usa che hanno avallato la nascita di Israele. Esso si salda, quindi, e anzi diviene punta di diamante, di una ideologia e di un movimento antiimperialista che dagli anni ’60, attraverso le guerre culturali nei campus americani ha nutrito generazioni di militanti americani ed europei. Esso però in Europa si salda anche con una accondiscendenza, se non sottomissione, delle classi dirigenti europee verso il mondo islamista. Questo per un senso di colpa unito molto a paura per una jihad che in Francia e forse anche Inghilterra e Germania può trasformarsi in guerra civile.
Nell’ideologia della sinistra europea fondata su una ideologia dei diritti molto riduttiva, l’antisionismo passa da rifiuto di Israele a rifiuto di un sionismo imperialista internazionale. Qui l’antisionismo si travasa, come facilmente si intende, in un antiebraismo globale. E’ questa l’ideologia woke che, richiamandosi alle guerre culturali degli anni ’60 e all’epopea vietnamita, fermenta nei campus americani come nelle università francesi e nelle banlieue ed è la saldatura tra Jihad islamica e insurrezionalismo occidentale.
Questa giuntura è un pericolo di cui le miopi classi dirigenti europee sono assai poco consapevoli. Una giuntura che si nutre di permanenti menzogne su Gaza, coniate da Unrwa, Onu, Hamas, di una totale manipolazione ideologica della storia ebraica e di un dichiarato negazionismo della shoah e che non ha difficoltà a riabilitare i famosi “protocolli di Sion” che del resto, insieme al Mein Kampf, sono libri cult in molti Paesi arabi.
Tutto ciò rappresenta ovviamente una minaccia per Israele. Ma non rappresenta una minaccia minore per l’Europa se essa non si avvede per tempo che la saldatura tra wokismo, ideologia estrema dei diritti umani, rifiuto in toto della civiltà occidentale e jihad crea tutti i presupposti di una nuova guerra civile europea. (L’America per sua fortuna ha ben altri anticorpi).
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