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X attiva la geolocalizzazione e la propaganda di Hamas va in mille pezzi

Barbara Covili

Tempo di Lettura: 4 min
X attiva la geolocalizzazione e la propaganda di Hamas va in mille pezzi

La nuova funzione di geolocalizzazione lanciata da X (ex-Twitter)– la piattaforma di Elon Musk – sta provocando un vero terremoto nel mondo della disinformazione legata al conflitto Israele-Hamas. Per la prima volta, infatti, gli utenti possono vedere la regione da cui un profilo è realmente basato, grazie alla sezione “About This Account”. Uno strumento che, nato per migliorare la fiducia e la tracciabilità degli account, ha finito per smascherare una rete impressionante di account che negli ultimi mesi avevano dichiarato di trovarsi nella Striscia di Gaza, spacciandosi per testimoni diretti dei bombardamenti, per medici allo stremo o per genitori in fuga.

La realtà emersa è molto diversa.

Secondo un’inchiesta del New York Post, molti di questi profili – alcuni con centinaia di migliaia di follower – sono stati rivelati come basati in India, Pakistan, Polonia, Regno Unito o Turchia, e non a Gaza come avevano sostenuto per mesi. Tra i casi più eclatanti, quello di un utente che si presentava come “giornalista sul campo” e raccoglieva donazioni online per “aiuti urgenti alle famiglie di Gaza”: la nuova funzione ha invece mostrato che twittava comodamente dalla Polonia (probabilmente sdraiato sul divano).

Un altro account molto seguito, apparentemente gestito da una “madre palestinese sotto le bombe”, è risultato geolocalizzato in India. La stessa dinamica si ripete con decine di altri profili che, grazie alla nuova trasparenza di X, hanno visto crollare la narrativa che avevano costruito per mesi.

Il Jerusalem Post parla apertamente di una “montagna di profili fasulli” smascherati nel giro di pochi giorni. La testata evidenzia come molti contenuti virali che avevano alimentato indignazione globale – storie, foto, video rilanciati milioni di volte – fossero in realtà prodotti da persone che non avevano alcun collegamento con Gaza. In altre parole: non si tratta di qualche decina, ma potenzialmente di centinaia o migliaia di profili attivi nella sfera della propaganda pro-Hamas o pro-palestinese, che sfruttavano la guerra come leva emotiva e propagandistica.

Questa rivelazione getta nuova luce sul ruolo della propaganda digitale nel conflitto: un ecosistema dove la testimonianza diretta, soprattutto se drammatica, diventa uno strumento potentissimo. Per mesi, la rete pro-Hamas ha sfruttato identità inventate per orientare il dibattito online, raccogliere donazioni, alimentare campagne anti-israeliane e amplificare narrazioni emotive. La localizzazione automatica sta ora rivelando quanto fosse costruito artificialmente quel flusso di contenuti “dal fronte”.

E infatti, da quando la nuova funzione è attiva, l’effetto è visibile a occhio nudo: queste reti stanno reagendo nel panico.
Molti profili sono scomparsi di colpo, eliminati prima che altri utenti potessero salvarne i contenuti o analizzarne le contraddizioni. Alcuni tentano di riciclarsi, provando a vendere l’account su circuiti paralleli, come se il “marchio” valesse più dell’identità vera di chi lo gestiva. Altri stanno cancellando febbrilmente interi archivi di post, nel tentativo di ripulire tutto ciò che potrebbe tradire l’inganno costruito nel tempo. E non mancano quelli che, dall’oggi al domani, cambiano nome, biografia e immagine profilo, sperando di confondersi nel rumore della piattaforma.

Non è semplice imbarazzo: è timore di essere collegati a reti organizzate di propaganda, o a schemi di manipolazione che ora rischiano di essere ricostruiti con precisione. Per anni hanno usato lo stesso trucco, fingendo di trovarsi in un luogo dove non erano, consapevoli che nessuno avrebbe potuto verificarlo davvero. La nuova geolocalizzazione di X ha interrotto questo meccanismo in un secondo.
Il risultato è evidente: un castello narrativo che sembrava inattaccabile si sta sgretolando all’istante.

La trasparenza introdotta da Musk non risolve tutto, ma segna un colpo importante contro la disinformazione digitale. In un conflitto dove l’immagine e la narrativa hanno un peso enorme, la possibilità di verificare chi parla e da dove parla rappresenta un passo avanti cruciale. E dimostra quanto sia urgente e necessario riconsiderare la fiducia cieca riposta in testimonianze non verificate che circolano sui social.


X attiva la geolocalizzazione e la propaganda di Hamas va in mille pezzi
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