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VIAGGIO NELL’UEA (Unione Europea Antisemita) – Italia: il velo della neutralità strappato

Daniele Scalise

Tempo di Lettura: 4 min
VIAGGIO NELL’UEA (Unione Europea Antisemita) – Italia: il velo della neutralità strappato

Per decenni si è raccontato che l’Italia, con la memoria delle leggi razziali ancora bruciante e con comunità ebraiche antiche e radicate, fosse terreno poco fertile per l’antisemitismo. Una convinzione rassicurante, ma falsa. Gli ultimi mesi hanno fatto cadere ogni illusione: l’odio antiebraico non solo esiste, ma si manifesta in forme sempre più pubbliche, sempre più violente e sempre più legittimate.

Il segnale più eclatante è arrivato dal mondo della cultura. Alla Mostra del Cinema di Venezia, oltre 1.500 artisti (di cui poi un paio ha mostrato pentimento, lamentando di essere caduto in un tranello) hanno firmato una lettera per chiedere l’esclusione di due attori israeliani accusati di essere… israeliani. Perché la verità è questa: basta esserlo per essere messi all’indice. Non si è trattato di una polemica marginale, ma di un gesto collettivo che ha piegato il più antico festival cinematografico del mondo a tribunale politico. Il messaggio è chiaro: se sei israeliano, non sei il benvenuto. È il principio della colpa per identità, travestito da impegno civile.

Ma l’arte non è rimasta un caso isolato. Già mesi prima, la cronaca aveva consegnato all’Italia un’immagine brutale: un autogrill sull’autostrada Milano-Laghi, zona di Lainate. Un turista ebreo francese e suo figlio di sei anni, entrambi con la kippah, sono stati insultati, spintonati, colpiti da calci e sputi. «Assassini, tornatevene a casa vostra», sbraitavano assatanati gli aggressori. L’episodio ha avuto vasta eco perché filmato da testimoni: non più parole, ma un tentativo di linciaggio vero e proprio, davanti a decine di persone. Una prova di pogrom in miniatura, nel cuore della Lombardia.

L’Osservatorio sulle manifestazioni d’odio ha registrato nel 2024 almeno 877 episodi antisemiti, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Un aumento del 90% in un solo anno: un balzo che non può essere liquidato come somma di “casi isolati”. Dentro questa cifra ci sono insulti sui social, aggressioni fisiche, vandalismi contro sinagoghe, ma anche boicottaggi commerciali e rifiuti d’accoglienza. A Milano, alcuni alberghi hanno respinto turisti israeliani. A Roma, manifestazioni di piazza hanno visto cartelli che equiparavano Israele al nazismo e cori «fuori gli ebrei».

Non si tratta più di folklore estremista: segmenti interi di società stanno normalizzando il linguaggio dell’odio. Le università ospitano collettivi che organizzano boicottaggi accademici, gli studenti ebrei vengono messi sotto pressione, alcuni docenti minimizzano la Shoah riducendola a un “evento lontano”. A Bologna, volantini distribuiti durante un’assemblea hanno definito Israele «entità coloniale da estirpare». Non è più solo polemica politica: è antisemitismo travestito da antisionismo.

La Chiesa cattolica, pur senza posizioni ufficiali contro Israele, ha visto in alcune parrocchie emergere prese di posizione che dire sbilanciate è un eufemismo. Messe in suffragio per Gaza con totale assenza di riferimenti alle vittime israeliane, preghiere collettive che diventano atti di propaganda. Una “solidarietà” che divide i morti di serie A e di serie B.

Eppure, grazie al cielo, segnali opposti esistono. Piccoli gruppi di cittadini hanno acceso fiaccole per ricordare gli ostaggi israeliani ancora prigionieri a Gaza. A Torino e Milano si sono svolte veglie silenziose per le vittime del 7 ottobre. Ogni gesto è stato però assediato da contestazioni aggressive, dimostrando quanto sia difficile esprimere solidarietà pubblica agli ebrei senza essere considerati criminali.

Essere ebrei in Italia oggi significa convivere con la paura e con l’isolamento. Significa entrare in un ristorante e chiedersi se la kippah darà fastidio a qualcuno, o mandare un figlio a scuola temendo che un compagno possa insultarlo. Non è un’impressione soggettiva: lo dicono i numeri, lo raccontano gli episodi, lo testimoniano le cronache.

Dietro le bandiere della pace urlata in piazza ha ripreso a scorrere, abbondante e impetuoso, il veleno antico. Non è più antisemitismo carsico, pronto a emergere solo in rete o in frange marginali. È antisemitismo che cammina nelle città, applaude nei festival, aggredisce negli autogrill. È la nuova normalità italiana dentro un’Europa che continua a definirsi civile senza esserlo.


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