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Un magistrato può scrivere così? Il caso Pasca e i confini della libertà di parola

Alessandro Bertani

Tempo di Lettura: 4 min
Un magistrato può scrivere così? Il caso Pasca e i confini della libertà di parola

Vorrei stimolare una riflessione su un tema delicatissimo per gli equilibri istituzionali del nostro Paese: il confine tra la libertà di opinione di un magistrato e i limiti di prudenza e sobrietà che gli sono richiesti quando esprime idee fuori dalle aule dei tribunali.

L’occasione nasce da un post che il 3 agosto scorso il presidente del TAR di Lecce, dott. Pasca, ha pubblicato sul proprio profilo Facebook, contenente dichiarazioni apertamente antisraeliane.

Rivolgendosi a Liliana Segre, Pasca scriveva che a Gaza è in corso «un efferato genocidio… Capisco pure il suo imbarazzo perché – credo – questo termine le ricorda qualcosa. Ma ora a Gaza è anche peggio». Contestava inoltre che fossero stati adottati «una ventina di pacchetti di sanzioni nei confronti della Russia di Putin e nessuna invece contro Israele e Netanyahu». A suo avviso si dovrebbe «convocare o espellere l’ambasciatore, richiamare il nostro ambasciatore e chiudere i rapporti diplomatici, adottare un embargo totale e disdettare tutti i rapporti in essere…». Infine, concludeva: «Occorre restituire alla Palestina i suoi territori, occupati a suo tempo da Israele con atti di terrorismo ed oggi dall’IDF e dai coloni criminali».

Un post che non risparmia nulla e nessuno, e che Pasca ha difeso con granitica certezza, rivendicando «di non aver travalicato i limiti previsti, nemmeno quelli imposti nell’uso dei social ai magistrati. Sono un uomo libero» (intervista al Quotidiano di Puglia, 5 agosto).

Non è in discussione la sua libertà di opinione, né il diritto di considerarsi «un uomo libero». Ma affermare che la situazione di Gaza sia peggiore della Shoah, auspicare il boicottaggio di Israele e definirlo uno Stato genocida e terrorista travalica non solo le regole del buon senso, ma anche quelle di deontologia dei magistrati.

Altrimenti, dovremmo ritenere vane le parole del Presidente della Repubblica, quando ha ricordato che «i giudici hanno il dovere di essere e apparire – apparire ed essere – irreprensibili e imparziali, in ogni contesto, anche nell’uso dei social media, con la consapevolezza che, nei casi in cui viene – fondatamente – posto in discussione il comportamento di un magistrato, ne può risultare compromessa la credibilità della Magistratura».

E dovremmo considerare carta straccia i codici etici dei magistrati amministrativi, che raccomandano «elevati parametri di continenza espressiva, un linguaggio adeguato e prudente in ogni interazione sui social media, nonché attenzione al rischio della perdita di controllo dei contenuti pubblicati».

Il dott. Pasca, anche quando non indossa la toga, non è un cittadino qualunque. Rimane un magistrato, e per giunta presidente di TAR. Come tale appare e viene percepito dai cittadini, per usare le parole di Mattarella. Ne va non solo della credibilità della magistratura, ma anche della serenità nell’amministrazione della giustizia. Basti pensare a cosa accadrebbe se il TAR di Lecce dovesse giudicare un ricorso promosso dallo Stato di Israele o da un soggetto israeliano contro provvedimenti di boicottaggio deliberati da enti locali: il presidente ha già detto cosa pensa di Israele e quali misure auspica, molto simili a quelle che il suo stesso TAR dovrebbe valutare. Non è certo la premessa migliore per un giudizio che deve essere, e apparire, imparziale.

Per questo ritengo che la giustizia amministrativa sia chiamata a reagire, attraverso i propri organi di autogoverno, per difendere l’immagine di un’istituzione super partes. A noi il compito di sostenerla, perché – lo dico da avvocato amministrativista – la magistratura amministrativa italiana non è quella che urla sui social, ma quella che ogni giorno, con dedizione, cerca di bilanciare l’esercizio dei pubblici poteri con la tutela dei legittimi interessi dei cittadini. Anche quando quei cittadini sono israeliani.

Mi auguro che la vicenda del dott. Pasca diventi l’occasione per un dibattito serio e non ideologico su questo tema. È chiedere troppo?


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