La politica britannica è entrata in una zona sismica proprio mentre Nigel Farage, leader del Reform UK e frontrunner nei sondaggi per Downing Street, si prepara all’ennesima svolta della sua carriera. Non è un’inchiesta sulla Brexit, né l’ennesimo capitolo sulle sue intemperanze mediatiche. Questa volta c’è un’accusa molto più bruciante: antisemitismo ed entusiasmo neonazista negli anni dell’adolescenza, con testimonianze che stanno incendiando il dibattito pubblico.
Tutto parte dal regista Peter Atedgui, compagno di scuola di Farage negli anni Settanta, che al Guardian ha raccontato episodi che non lasciano margini di interpretazione: un Farage tredicenne che si avvicina sussurrando “Hitler aveva ragione” o “mandateli tutti al gas”, accompagnando le frasi con l’imitazione del rumore delle docce nei lager. Atedgui dice di aver sepolto quel ricordo per decenni, fino a quando non ha rivisto Farage insultare funzionari europei in un video circolato online: “Sentire quel tono mi ha gelato il sangue”.
Le sue parole non sono isolate. Altri ex studenti della Dulwich College hanno confermato un Farage aggressivo, spesso impegnato in cori come “Send them all to the gas”, gasateli tutti, slogan razzista molto diffuso nella cultura skinhead degli anni Ottanta. Un testimone di origine asiatica racconta che si sentiva dire regolarmente “torna da dove vieni”. Tim France, che frequentò con lui l’ultimo anno, sostiene che il saluto nazista fosse “quasi abituale” e che a diciotto anni non si potesse più derubricare tutto a “ragazzate”.
Un altro episodio, riportato da un compagno oggi dirigente d’azienda, riguarda la “cerimonia” improvvisata da Farage alla stazione ferroviaria locale: bruciò le liste degli studenti lamentando che “c’erano più Patel che Smith” (n.d.r.: frase razzista tipica dell’estrema destra britannica perché Patel è un cognome diffusissimo tra gli indiani originari del Gujarat, molto presente nelle comunità indiane del Regno Unito). In un altro caso avrebbe “messo in punizione” uno studente asiatico senza motivo, gesto descritto come puro bullismo a sfondo etnico.
L’entourage di Farage parla di calunnie, orchestrate per colpire l’uomo che ambisce a diventare primo ministro. Gli avvocati minacciano querele e ripetono la linea difensiva: nessun antisemitismo, solo “scherzi adolescenziali” tipici di “un’epoca diversa”. Un tentativo, insomma, di confinare tutto alla preistoria di un leader politico quasi settantenne.
Il problema è che questi episodi non appaiono marginali né episodici, e non emergono nel vuoto. Farage ha costruito negli anni un profilo pubblico profondamente identitario: anti-immigrazione, anti-multiculturalismo, feroce contro Bruxelles, paladino di un nazionalismo britannico duro e spesso intriso di nostalgia imperiale. I suoi avversari sostengono che quelle frasi di allora non siano un incidente del passato, ma l’infanzia di un linguaggio politico che oggi si presenta in giacca e cravatta.
Il contesto è delicato: il suo partito, Reform UK, è in testa ai sondaggi, ha sorpassato i conservatori e spinge per un blocco totale dell’immigrazione. Il governo laburista, travolto dall’ascesa di Farage, corre ai ripari con un piano restrittivo che tenta di arginarlo prima che la situazione diventi irreversibile. Nel frattempo il Board of Deputies of British Jews, le principali associazioni antirazziste e diverse comunità ebraiche chiedono chiarimenti pubblici e non accettano l’idea che la questione possa essere liquidata come folklore scolastico.
A questo punto la domanda non riguarda più solo il passato di Farage, ma il futuro della Gran Bretagna. Se gli elettori ignoreranno o assorbiranno accuse così gravi, il segnale politico sarà chiaro: nel Regno Unito sta maturando un nuovo equilibrio, meno ancorato ai tabù del dopoguerra e più disposto a perdonare parole e gesti che un tempo avrebbero reso impossibile qualsiasi carriera pubblica.
Il caso Farage non è ancora esploso del tutto. Ma gli ingredienti ci sono tutti: un leader potente, testimonianze circostanziate, una società stanca e polarizzata. La domanda che rimbalza nei palazzi di Westminster non è più se la bufera si abbatterà, ma quanto farà male. E soprattutto a chi.
UK: Farage, il ragazzo che diceva: ‘Hitler aveva ragione’
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