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Trump spezza l’inganno: i Fratelli Musulmani sono una minaccia globale

a cura di Andrea Fiore

Tempo di Lettura: 3 min
Trump spezza l’inganno: i Fratelli Musulmani sono una minaccia globale

Gli Stati Uniti hanno deciso di fare ciò che per troppo tempo era rimasto sospeso: inserire i Fratelli Musulmani nella lista delle organizzazioni terroristiche. È una decisione forte, annunciata da Donald Trump, che segna un punto di svolta. Non si tratta di un gesto isolato o improvvisato: Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Bahrein li hanno già banditi. Ora anche l’Occidente prende atto di una realtà che non può più essere ignorata.

Per decenni i Fratelli Musulmani hanno giocato su due tavoli. Da un lato si presentano come movimento moderato, promotore di dialogo e di iniziative sociali. Dall’altro, nei loro stessi testi e slogan, ribadiscono che la jihad è la loro via e che morire sulla strada di Allah è la speranza più alta. È un doppio linguaggio che ha permesso loro di infiltrarsi nelle istituzioni, di costruire reti internazionali e di stringere alleanze con Stati come Turchia e Qatar, che hanno finanziato gruppi armati come Hamas.

La loro storia parla chiaro: fondati in Egitto da Hassan al-Banna un secolo fa, hanno creato organizzazioni sorelle in tutto il mondo, cambiando nome e volto a seconda delle circostanze, ma mantenendo intatta la stessa ideologia. Non sono un’associazione culturale, non sono un movimento religioso pacifico: sono la radice dell’islam politico che ha alimentato odio e terrorismo.

La decisione americana è quindi un atto di responsabilità. Non basta distinguere tra chi compie atti violenti e chi fa propaganda: la propaganda stessa è parte della guerra. Ignorare questa realtà significa lasciare spazio a chi sfrutta le nostre democrazie per minarle dall’interno.

Perchè i Fratelli Musulmani non agiscono mai nell’immediato. Il loro obiettivo non è un singolo attentato o una protesta isolata: è un piano a lungo termine, costruito con pazienza e metodo. Usano la libertà di espressione come un cavallo di Troia, diffondendo messaggi che sembrano innocui ma che, giorno dopo giorno, scavano come un ‘cancro’ che nel tempo si diffonde ovunque.
Non cercano solo di convincere i militanti, ma vogliono cambiare l’ambiente culturale e politico dell’occidente, fino a far sembrare normale la loro ideologia. È un lavoro di infiltrazione che punta a controllare tutto: scuole, associazioni, luoghi di culto e persino istituzioni politiche.

Ora la sfida passa all’Europa. Troppi governi hanno esitato per paura di essere accusati di islamofobia. Ma la sicurezza non è un pregiudizio: è un dovere. L’Occidente deve capire che la guerra santa non si combatte solo con le armi, ma anche con la persuasione culturale e psicologica. E quando ci si accorge di questo troppo tardi, il prezzo da pagare diventa altissimo.

La scelta degli Stati Uniti manda un messaggio netto: chi predica il jihad e semina odio non può avere legittimità. È tempo che anche l’Europa trovi il coraggio di dirlo senza esitazioni.


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