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Torniamo su Gaza: cosa aspetta Hamas a liberare gli ostaggi?

Stefano Parisi

Tempo di Lettura: 4 min
Torniamo su Gaza: cosa aspetta Hamas a liberare gli ostaggi?

Ci sono ancora 53 persone rapite a Gaza da Hamas, ci sono ancora famiglie stremate dal dolore, in Israele. La gente continua a morire a Gaza perché Hamas non lascia andare gli ostaggi. Ma dopo l’attacco ai siti nucleari in Iran, l’attenzione dei media ha abbandonato la striscia di Gaza. Eppure, Gaza, Libano, Yemen, Iran sono la stessa guerra, che Israele combatte da 20 mesi, contro i suoi nemici che la vogliono distruggere, che vogliono sterminare il suo popolo.

Non trattiamo qui della reazione dell’occidente dopo l’attacco a Teheran, ancora una volta diviso tra: “Israele sta facendo il gioco sporco per noi” del Cancelliere Merz, alla de-escalation che accomuna tanto gli europei (no al regime change) quanto la Cina, storico alleato, ora tiepido, degli Ayatollah, come se quella tra Iran e Israele fosse un’altra guerra. Putin è un caso a sé, ha intimato Israele di interrompere immediatamente l’attacco all’Iran, ormai può permettersi qualsiasi dichiarazione. Mentre il ministro degli esteri iraniano ha dichiarato, davanti al Consiglio per i diritti umani a Ginevra, che Israele, nell’attaccare i siti nucleari nel suo paese, sta commettendo crimini di guerra. Due dichiarazioni che certamente troveranno i loro seguaci tra i nostri“opinionisti”.

Il micidiale attacco delle forze armate e dell’intelligence israeliana alla Repubblica Islamica dell’Iran non è altro che l’attacco alla testa del serpente che ha finanziato e armato quel che resta di Hamas ancora asserragliato a Gaza con i 53 ostaggi israeliani, vivi e morti, nei suoi tunnel. E allora parte la discussione su quello che avrebbe detto l’AIEA, come se una guerra fosse più o meno giustificata, solo dal parere di un’agenzia del sistema ONU. Comunque, l’AIEA ha dichiarato che l’arricchimento dell’Uranio in Iran è giunto al 60% ed è a un passo dal 90% della bomba atomica e lontanissimo dalla soglia del 4% dell’uso civile.

Ma l’attacco all’Iran è reso necessario dal fatto che esso è una gigantesca minaccia per tutto il Medio Oriente nonché per le democrazie occidentali.
Forse allora è il momento di guardare di nuovo a Gaza, alla luce della crisi del regime iranian

Si dice: l’attacco all’Iran ha cambiato l’atteggiamento del mondo nei confronti di Israele. Isolato dopo il 7 ottobre, abbandonato dal “Mondo Libero” sia per la non “proporzionalità” della sua decisa e dura reazione contro gli assassini del suo popolo, sia per il fatto che “in fondo il 7 ottobre Israele se lo è meritato”, oggi, che Israele ha avuto finalmente il coraggio di andare fino in fondo e colpire il regime che da 40 anni ha come obiettivo lo sterminio di tutti gli ebrei, i paesi europei del G7 offrono un timido e ininfluente sostegno.

Ma gli stessi governi che oggi finalmente tornano a difendere il diritto di Israele a difendersi, sono stati e sono tutt’ora il megafono della propaganda di Hamas: le sue menzogne sono alla base delle loro iniziative politiche, come il riconoscimento dello Stato della Palestina e la richiesta della fine unilaterale della guerra a Gaza, senza pensare al dopo, senza pensare al disarmo di Hamas, al governo della Striscia, alla sicurezza degli israeliani.

Emblematico è il caso degli aiuti umanitari, su cui Israele e USA cercano di bypassare Hamas nella consegna del cibo, mentre i media e i leader occidentali, che non hanno mosso un dito – se si escludono atti simbolici – li accusano di uccidere le persone in fila e di voler “privatizzare” gli aiuti, come se Hamas fosse, invece, un ente benefico statale.

Allora è il momento di aprire gli occhi: vogliamo che la guerra finisca? Bene: Hamas rilasci gli ostaggi, tutti, subito; si lascino entrare gli aiuti senza passare da Hamas e dall’UNRWA; si disarmi Hamas, e si continui ad assediare Teheran fino a che questi obiettivi non saranno raggiunti.


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