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Teheran e le unità killer hanno messo nel mirino ebrei e filoisraeliani in tutta Europa

Aldo Torchiaro

Tempo di Lettura: 3 min
Teheran e le unità killer hanno messo nel mirino ebrei e filoisraeliani in tutta Europa

Gli ebrei e chiunque difenda Israele in Italia e in Europa sono già nel mirino di Teheran. A dirlo, in una lunga intervista a Il Riformista, è Marco Mancini, ex capo del controspionaggio italiano, che descrive una guerra sotterranea combattuta da due unità d’élite legate alla Forza Quds: la “11mila” e la “840”.

La “11mila” – racconta Mancini – conta 11.000 effettivi nel mondo: circa 500 sono agenti operativi, tutti gli altri costituiscono una vasta rete di informatori, ufficiali, sottufficiali e supporti logistici. Sono infiltrati in enti, università, organizzazioni internazionali, con un compito chiaro: riportare a Teheran tutto ciò che può interessare il regime della Guida suprema Khamenei. La missione dichiarata è «eliminare i nemici dell’Iran», dando priorità a ebrei e israeliani sospettati di collaborare con l’intelligence di Tel Aviv.

Nel mirino non ci sono solo cittadini israeliani, ma anche giornalisti, attivisti, accademici, politici, chiunque «spieghi le ragioni di Israele» o dia voce all’opposizione iraniana. In altre parole: chiunque, nello spazio pubblico europeo, rompa la narrazione gradita a Teheran.

Ancora più inquietante il profilo dell’unità “840”, circa 700 uomini, braccio operativo della Forza Quds in Europa e Nord America. È la struttura incaricata di pianificare e preparare attentati, omicidi mirati, sabotaggi. Per farlo, spiega Mancini, gli iraniani si appoggiano sistematicamente a gruppi criminali: reti di narcotrafficanti, in particolare in America Latina, e organizzazioni mafiose e balcaniche sul suolo europeo, compresi network albanesi attivi in Italia. La saldatura tra terrorismo di Stato e crimine organizzato è uno degli elementi più pericolosi del quadro.

A guidare la “11mila” sarebbe il libanese Haitham Diad, uomo di Hezbollah con passaporto iraniano, insediato nell’area di Talabaya, nella valle della Bekaa. Secondo Mancini, è sopravvissuto a un raid israeliano contro il consolato iraniano in Siria. Il suo passato in Brasile, tra sospetti di traffico di droga per finanziare Hezbollah e matrimonio “di copertura” con una cittadina brasiliana, illustra la capacità di mimetizzazione di questo apparato.

Sul piano operativo europeo, Mancini parla di centrali di comando annidate nella rete diplomatica e consolare iraniana, fino all’ambasciata in Turchia. L’avvertimento, che su Setteottobre non possiamo archiviare come allarme tecnico, è politico: la guerra dell’Iran contro Israele e contro gli ebrei non è un’ipotesi lontana, ma un rischio concreto che attraversa già oggi le nostre città e la nostra sfera pubblica. L’Europa, dice Mancini, può scegliere se continuare a ignorarlo – o finalmente difendersi.


Teheran e le unità killer hanno messo nel mirino ebrei e filoisraeliani in tutta Europa
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