Un sito anonimo, registrato all’estero e attivo per poche ore prima di essere oscurato, ha pubblicato una lista di accademici israeliani ed ebrei con un tariffario per colpirli fisicamente: 50mila dollari per uccidere un professore, 100mila per le figure considerate “speciali”, 20mila per incendiare case o automobili, mille dollari per affiggere cartelli diffamatori nei quartieri in cui vivono. Una “kill list” digitalizzata, completa di nomi, foto, indirizzi, numeri di telefono e, spesso, anche informazioni sui familiari e con taglie che sono strutturate su più livelli: da “piccoli atti intimidatori” (cartelli, manifesti, segnali di minaccia) con premi modestissimi, fino a “omicidio” con anche “special targets”.
A segnalare per primo la vicenda è stato il Jerusalem Post, seguito dai media internazionali. Il sito si presentava come “Punishment for Justice Movement”, un gruppo che si definisce antisionista ma che utilizza un linguaggio apertamente eliminazionista. La home page accusava ricercatori, professori e scienziati di “usare le loro conoscenze per uccidere innocenti”, trasformandoli in “obiettivi legittimi”. In realtà, la piattaforma funzionava come un vero e proprio marketplace del terrore: un listino prezzi, istruzioni per contattare “operatori” attraverso canali criptati, e la possibilità di negoziare contratti per colpire persone reali. Il sito “Punishment for Justice Movement” non si è limitato quindi a tweet o post d’odio: ha pubblicato dati personali veri — nomi, foto, indirizzi, contatti — rendendo gli esposti “vulnerabili concretamente, soprattutto in viaggio o all’estero”.
Nel mirino sono finiti studiosi della Ben-Gurion University, del Technion di Haifa, del Weizmann Institute, dell’Università Ebraica di Gerusalemme e dell’Università di Tel Aviv. Ma anche accademici israeliani che lavorano all’estero, da Harvard a Oxford fino al CERN di Ginevra. Una mappatura globale, precisa e organizzata, che mette insieme il mondo della ricerca israeliana con le istituzioni scientifiche più prestigiose del pianeta. Non una provocazione, ma un’escalation senza precedenti: prendere di mira la comunità scientifica per colpire Israele come corpo unico, ovunque esso si trovi.
Secondo le prime analisi dei servizi israeliani – Mossad, Shin Bet e Israel National Cyber Directorate hanno aperto un’indagine congiunta – dietro la piattaforma potrebbe esserci l’IRGC, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana. L’architettura del sito, il tipo di messaggi, la capacità di reperire dati sensibili e il tono della propaganda ricordano infatti alcuni precedenti attribuiti a Teheran negli ultimi anni. Non si tratterebbe quindi di un gruppo improvvisato, ma di un’operazione di guerra psicologica e digitale condotta da un attore statale.
In Italia, fonti del Dipartimento di Pubblica Sicurezza confermano che non sono emersi casi simili sul territorio nazionale, ma il livello di attenzione è definito “massimo”. Una cautela comprensibile: la pubblicazione di liste con taglie, indirizzi e inviti all’omicidio segna un salto di qualità che nessun Paese può permettersi di sottovalutare.
La vicenda della “kill list” non è solo un nuovo episodio di antisemitismo internazionale. È qualcosa di più complesso e più pericoloso. È la prova che l’Iran sta portando avanti una strategia di guerra ibrida, combinando propaganda, terrorismo digitale, radicalizzazione e intimidazione mirata contro ebrei e israeliani nel mondo. Una strategia che trova sponde nella galassia dei movimenti anti-occidentali e anti-israeliani attivi nelle piazze e nelle università europee e americane. Movimenti che spesso assorbono e rilanciano narrazioni estremiste senza riconoscere la linea rossa che separa la protesta dalla persecuzione.
E c’è un ultimo elemento che pesa come un macigno: in troppi ambienti della sinistra occidentale questa radicalizzazione viene minimizzata, giustificata o ignorata per subalternità culturale, per paura di contraddire la retorica dominante, o per incapacità di riconoscere l’antisemitismo quando si presenta in forme nuove, digitali, sofisticate.
Non siamo davanti a un episodio marginale.
Siamo davanti a un avvertimento geopolitico.
Una piattaforma con taglie per uccidere ebrei non è solo odio: è un atto di guerra, e il mondo democratico farebbe bene a prenderlo sul serio prima che sia troppo tardi.
Taglie sugli ebrei: la “kill list” globale che svela la nuova guerra ibrida dell’Iran
Taglie sugli ebrei: la “kill list” globale che svela la nuova guerra ibrida dell’Iran

