Un cameraman di Kan News (tv pubblica israeliana di informazione) è riuscito a entrare la scorsa settimana a Sweida, nel cuore delle montagne druse della Siria meridionale, documentando la quotidianità di una città che porta ancora impressi i segni del massacro. Per la prima volta i sopravvissuti hanno scelto di raccontare la loro tragedia ai media israeliani, rompendo il silenzio che per mesi aveva avvolto la comunità.
Le immagini mostrano strade semideserte, case sventrate, palazzi bruciati, famiglie sospese tra la paura e la volontà di resistere. «Ci hanno massacrato come animali», dice un anziano con la voce rotta, indicando le macerie di quella che era la sua casa. Una giovane donna aggiunge: «Abbiamo perso fratelli, figli, mariti. Il mondo ci ha dimenticato. Ma noi non possiamo dimenticare».
I racconti convergono in un’unica, lancinante memoria: l’irruzione dei miliziani jihadisti, le esecuzioni a sangue freddo, le donne e i bambini rapiti. Nessuno a Sweida ha più dubbi sul fatto che si sia trattato di un tentativo di piegare l’orgogliosa autonomia dei drusi, colpendo al cuore la loro identità.
Eppure, nelle parole dei superstiti, accanto all’orrore emerge un filo inatteso: la vicinanza a Israele. Molti esprimono gratitudine per il sostegno arrivato, per gli aiuti medici e umanitari, per l’attenzione che i media israeliani hanno scelto di dedicare a questa vicenda mentre il resto del mondo guardava dall’altra parte. «Solo Israele ha dato prova di ascoltarci davvero», afferma uno dei capi locali, sottolineando come i destini delle due comunità siano più intrecciati di quanto molti vorrebbero ammettere.
Le testimonianze raccolte dal cameraman di Kan restituiscono non solo il dolore di chi è sopravvissuto, ma anche un appello chiaro: «Abbiamo bisogno di protezione. Se Israele cade, anche noi cadremo. La nostra sopravvivenza dipende dal vostro coraggio».
A Sweida, tra le montagne che da secoli custodiscono il cuore della comunità drusa, resta la consapevolezza che il massacro non è un episodio isolato, ma l’avvertimento di un futuro che incombe. Le voci dei sopravvissuti parlano al mondo, ma soprattutto a Israele: non come estranei, bensì come alleati di destino.
Sweida, il grido dei sopravvissuti drusi: «Non lasciateci soli» Sweida, il grido dei sopravvissuti drusi: «Non lasciateci soli»
Sweida, il grido dei sopravvissuti drusi: «Non lasciateci soli»