Chi è
Primo e finora unico scrittore israeliano insignito del Premio Nobel per la Letteratura (1966, condiviso con Nelly Sachs). Nato a Buczacz, in Galizia, sotto l’Impero austro-ungarico, fu il grande narratore della transizione dall’ebraismo dell’esilio alla modernità sionista. Nella sua prosa, antica e moderna convivono come in una casa dalle pareti incrinate ma ancora abitate.
Percorso
Cresciuto in un ambiente religioso, iniziò a scrivere in ebraico e yiddish sin da ragazzo. Emigrò in Palestina nel 1908, ma visse per molti anni anche in Germania, dove conobbe la moglie Esther Marx e la cultura europea che avrebbe nutrito la sua scrittura. Tornato in Terra d’Israele negli anni Venti, si stabilì a Gerusalemme e divenne figura centrale della rinascita letteraria ebraica. I suoi romanzi — Temol Shilshom (“Ieri, l’altro ieri”), Sippur Pashut (“Una storia semplice”), Ore’aḥ Nata La-Lun (“Un ospite per la notte”) — fondono ironia, misticismo e malinconia, mescolando linguaggio biblico e sensibilità moderna.
Profilo
Agnon scriveva come un cronista del popolo ebraico sospeso tra due mondi: quello perduto della diaspora e quello inquieto del ritorno. Nella sua lingua vive l’intera memoria del giudaismo, dai profeti ai villaggi galiziani, ma sempre filtrata da una voce umana, ironica, consapevole dei limiti della redenzione.
Perché conta
Shmuel Yosef Agnon è la coscienza letteraria d’Israele. Nei suoi libri la patria non è solo un luogo, ma una domanda. Con lui, l’ebraico moderno trovò la sua profondità storica, e Israele la sua anima narrativa.
Shmuel Yosef Agnon (1888–1970)

