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Roma, cortei Propal: l’odio che incendia le piazze, la memoria che non si cancella

Romeo Sacco

Tempo di Lettura: 3 min
Roma, cortei Propal: l’odio che incendia le piazze, la memoria che non si cancella

Roma si prepara a giorni caldi, attraversata da cortei e manifestazioni che pretendono di portare solidarietà a un popolo palestinese presentato come “sterminato dai bombardamenti israeliani”. Una retorica tossica, che ribalta la realtà: la strage del 7 ottobre, i massacri di civili, le torture e gli stupri messi in atto da Hamas, sembrano sparire dal discorso pubblico. Restano solo le accuse a Israele, trasformato dai Propal in capro espiatorio universale.

Gli episodi recenti dimostrano il rischio concreto: dopo le tensioni davanti alla Sapienza e la bomba carta esplosa davanti al centro “La Strada” alla Garbatella, la piazza propal continua a offrire un terreno fertile per estremismi e derive violente. Altro che pacifismo: è l’ennesima conferma di quanto la propaganda che circola sotto le bandiere palestinesi alimenti odio e radicalizzazione.

Le iniziative si moltiplicano: proteste davanti a Leonardo Spa con la presenza di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, appuntamenti dal Parco degli Acquedotti al Csoa La Strada, assemblee in piazza del Campidoglio e al centro sociale Acrobax, fino all’assemblea nazionale delle associazioni palestinesi al Cinema Aquila, trampolino per la grande manifestazione del 4 ottobre.

Date cruciali, quelle del 4 e del 7 ottobre, segnate in rosso anche dal prefetto di Roma, Lamberto Giannini. Con equilibrio istituzionale ha ricordato che «ognuno deve poter manifestare», ma non ha dimenticato il contesto: il 7 ottobre non è una data qualsiasi, è l’anniversario del più grave attacco terroristico subito da Israele, con centinaia di civili massacrati e atrocità che gridano ancora vendetta.

Eppure, mentre Israele piange e resiste, le piazze italiane si riempiono di slogan che rovesciano il senso delle cose. Non si condanna Hamas, non si ricordano gli ostaggi, non si dà voce agli ebrei italiani che oggi tornano a sentirsi minacciati. La narrativa è sempre la stessa: Israele carnefice, i terroristi vittime. Una falsificazione che trova spazio nelle università, nei centri sociali, persino in alcune associazioni che si proclamano “per i diritti umani”.

Difendere Israele oggi significa difendere la verità e la memoria. Significa ribadire che non ci può essere pace se si continua a giustificare chi ha ucciso e rapito civili innocenti. Significa ricordare che il terrorismo non è resistenza e che chi marcia sotto le bandiere di Hamas non difende i palestinesi, ma si rende complice dei loro carnefici.

Roma non deve diventare il palcoscenico dell’odio antiebraico. Il 4 ottobre e il 7 ottobre non siano soltanto giornate di tensione per l’ordine pubblico: siano l’occasione per ribadire, con forza, da che parte sta la civiltà.


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