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Riprenderci la piazza: la riscossa ebraica LGBTQIA+ contro la nuova ondata d’antisemitismo

Raffaele Sabbadini

Tempo di Lettura: 4 min
Riprenderci la piazza: la riscossa ebraica LGBTQIA+ contro la nuova ondata d’antisemitismo

Siamo tornati in piazza per denunciare con forza l’ondata di antisemitismo. Dopo due anni di isolamento, segnati dal trauma del 7 ottobre — il pogrom antisemita più terribile vissuto dalla mia generazione — ricominciamo a far sentire la nostra voce.

Questo isolamento ha pesato su ogni persona ebrea e sulle comunità ebraiche italiane, ritrovatesi improvvisamente sole, travolte dalla violenza non solo delle parole e spesso abbandonate da amici, colleghi, partiti e movimenti.

Per questo, in questi due anni, come Keshet Italia — associazione ebraica LGBTQIA+ — abbiamo lottato per rompere il silenzio. È stato un percorso difficile: già da novembre 2023 denunciavamo la deriva di una parte del movimento LGBTQIA+. Nelle piazze, le identità ebraiche venivano confuse con la politica o con le azioni del governo israeliano e i discorsi d’odio proliferavano.

Al congresso annuale di IGLYO, la rete europea delle associazioni giovanili LGBTQIA+, abbiamo respirato un clima di ostilità già precedente alla reazione di Israele al 7 ottobre e rischiato l’espulsione. Non abbiamo però abbandonato il campo: abbiamo combattuto contro l’allontanamento e ne siamo usciti vincenti, costruendo una collaborazione positiva e duratura.

L’anno scorso, in alcuni Pride, ci è stato vietato di portare la nostra bandiera arcobaleno con la Stella di David, simbolo millenario dell’ebraismo e non di uno Stato. Abbiamo ricevuto messaggi apertamente antisemiti e percepito troppa tensione intorno a noi. Per la prima volta dopo otto anni abbiamo scelto di non partecipare ai Pride nazionali e lo abbiamo denunciato. Una decisione sofferta, presa per motivi di sicurezza ma anche come gesto di protesta contro la campagna d’odio che colpiva le persone ebree.

Molte personalità del mondo LGBTQIA+, ebraico e politico ci hanno espresso solidarietà. È stato un passo importante, perché ha consentito di porre domande che restano aperte nel movimento, tra cui: perché, come persone ebree e queer, dovremmo avere paura di partecipare ai Pride? Perché nei movimenti per i diritti gli ebrei vengono bollati da molti come bianchi e quindi oppressori? È una narrazione semplicistica e distorta dell’intersezionalità. Le persone ebree non sono un blocco unico: esistono ebrei bianchi, neri, asiatici, nordafricani. La presenza di ebrei provenienti dai Paesi arabi e dall’Iran è ampia e radicata sia in Europa sia in Israele. D’altronde, dal 1948 circa 900 mila ebrei sono stati espulsi dai Paesi arabi: la nostra nakba dimenticata.

Quest’anno è iniziata la riscossa. Siamo stati promotori della nascita di Keshet Europe, la rete delle associazioni ebraiche LGBTQIA+ europee, creata per contrastare l’antisemitismo nel movimento LGBTQIA+, combattere le discriminazioni all’interno del mondo ebraico e celebrare la nostra identità a livello europeo. Perché uniti si vince.

E poi abbiamo detto basta: dobbiamo riprenderci la piazza. Siamo tornati a sfilare grazie al lavoro fatto con i Pride di Roma e Napoli, riportando in strada le nostre identità ebraiche e LGBTQIA+. Sono state partecipazioni significative, sebbene segnate da episodi gravissimi di intolleranza: al termine di entrambe le manifestazioni, alcuni gruppi ci hanno gridato «assassini» e «terroristi», rivolti a noi ebrei italiani. Azioni chiaramente antisemite.

Anche in quei casi abbiamo ricevuto la solidarietà di molte figure istituzionali — tra cui la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno — e di numerose realtà e personalità LGBTQIA+, oltre che di comunità ebraiche.

È stato, ed è ancora, un periodo durissimo. Ma abbiamo dimostrato quanto sia importante esserci, resistere, denunciare. Un movimento che rivendica l’inclusione non può accettare di escludere o silenziare le identità che ne fanno parte.

L’antisemitismo non si combatte parlandone tra di noi o chiudendoci in luoghi protetti, ma là dove si genera. Così diamo anche ai nostri alleati la possibilità di prendere posizione e di rafforzarsi, pur se minoritari.

Noi, che da sempre vogliamo la pace, sentiamo oggi che potrebbe essere più vicina. Proprio per questo dobbiamo risvegliare le coscienze, reagire e non tacere mai più di fronte alla nuova ondata di antisemitismo che rischia di travolgerci.


Riprenderci la piazza: la riscossa ebraica LGBTQIA+ contro la nuova ondata d’antisemitismo
Riprenderci la piazza: la riscossa ebraica LGBTQIA+ contro la nuova ondata d’antisemitismo