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Quando spariscono le corone, il boicottaggio va in vacanza

Daniele Scalise

Tempo di Lettura: 3 min
Quando spariscono le corone, il boicottaggio va in vacanza

Parigi si è svegliata nel panico, come dopo un colpo di stato. Solo che questa volta a cadere non è stato un governo, ma il Louvre: la cattedrale laica della bellezza, violata nel cuore della sua Galleria d’Apollo. In cinque minuti netti, i ladri hanno portato via corone, collane e spille appartenute alle imperatrici e alle regine di Francia, pezzi unici del XIX secolo, valutati in decine di milioni di euro e inestimabili per la loro storia. Il “furto del decennio”, lo chiamano in Francia, e non a torto.

Tra le notizie che trapelano dalle indagini, una spicca più delle altre: il museo più famoso del mondo ha chiesto aiuto a un’azienda israeliana di business intelligence, la CGI Group, fondata dall’ex capo dello Shin Bet Yaakov Perry e da Zvika Naveh. Loro, gli israeliani che tante anime pie in Europa giurano di voler boicottare, sono quelli che ora devono salvare il patrimonio nazionale francese.

La stessa Francia che da mesi fatica anche solo a pronunciare la parola “Israele” senza scusarsi, che moltiplica le mozioni di condanna, che si riempie di petizioni sul “boicottaggio etico”. Ma quando spariscono le corone di Maria Amalia e dell’imperatrice Eugenia, e serve chi sappia rintracciare un network criminale con competenze di cyberintelligence, allora il boicottaggio universale si sospende. Non funziona, vero, quando c’è da chiedere aiuto a chi i dati li sa leggere davvero?

Secondo fonti francesi, la squadra israeliana avrebbe già isolato tracce digitali cruciali, forse legate a una fuga di informazioni da parte di una guardia interna al museo. È lo stesso metodo che, nel 2019, aveva permesso alla CGI Group di risolvere il caso del furto da un miliardo di dollari al Grünes Gewölbe di Dresda. Una precisione da laboratorio che ha trasformato Israele in un centro mondiale di indagini hi-tech, dall’antiterrorismo alla protezione dei beni culturali.

Il ministro della Giustizia Gérald Darmanin parla di “fallimento della sicurezza nazionale”. Il presidente Macron promette “i ladri saranno catturati e i gioielli restituiti”. Ma nessuno, a Parigi, sembra turbato dal fatto che a cacciare i ladri sia proprio quella Israele che, nelle stesse settimane, università e sindacati chiedono di escludere da ogni collaborazione accademica.

C’è una certa ironia in tutto questo. Israele, accusato di ogni nefandezza e invitato a “disintossicare” il mondo dalla sua presenza economica e scientifica, viene richiamato quando il mondo scivola nel caos e servono cervelli che funzionano. È accaduto con le tecnologie mediche, con la sicurezza aeroportuale, con la ricerca sull’acqua e ora perfino con l’arte rubata.

Forse è questa la lezione che nessuno vuole imparare: che il boicottaggio morale è un lusso da tempi comodi. Quando arriva il disastro, si torna a bussare alla porta degli odiati. E Israele risponde — come sempre — con competenza, senza proclami, senza ritorsioni.

A volte la storia non ha bisogno di editoriali. Basta un dettaglio: il Louvre che chiama Tel Aviv per ritrovare le proprie corone. Un museo che chiede aiuto al Paese che tanti vorrebbero cancellare dalle mappe..


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