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Quando la svastica diventa “simbolo divisivo”

a cura di Costantino Pistilli

Tempo di Lettura: 3 min
Quando la svastica diventa “simbolo divisivo”

Sono strani, questi “nuovi” americani. Sono cambiati. Perché altrimenti la Guardia Costiera degli Stati Uniti dovrebbe pensare di cambiare la classificazione di simboli che nel mondo intero non lasciano spazio a interpretazioni? Svastica, cappio, bandiera confederata. Tre icone che evocano odio senza bisogno di note a piè pagina.

A rivelarlo è il Washington Post, che ha ottenuto la bozza della nuova policy destinata a entrare in vigore il 15 dicembre 2025. Il cambiamento è netto: questi simboli non saranno più registrati come “hate symbols”, ma come “potentially divisive symbols”, un’etichetta più morbida che sposta il baricentro della responsabilità dal simbolo in sé all’interpretazione del contesto.

In pratica, questo significa che la presenza di un simbolo estremista non scatena più automaticamente un procedimento disciplinare: tutto dipenderà dal giudizio dei comandanti e dall’ufficio legale, che dovranno valutare caso per caso se il simbolo incide sul morale, sulla disciplina o sulla coesione dell’unità. Si introduce così un margine di discrezionalità, ma anche di ambiguità: cosa è “potenzialmente divisivo” può essere interpretato in modi molto diversi a seconda di chi decide e del contesto.

Il rischio è evidente: episodi chiaramente intimidatori o offensivi potrebbero essere considerati “tollerabili” più a lungo, soprattutto in ambienti chiusi come navi, basi o centri di addestramento, dove il personale vive e lavora a strettissimo contatto.

Un altro elemento critico riguarda la bandiera confederata, che resterà formalmente vietata nella maggior parte dei casi, ma potrà essere esposta in contesti “educativi o storici”. Una formula elastica, che lascia ampi margini di interpretazione e potrebbe aprire la strada a esposizioni che in passato sarebbero state immediatamente rimosse. Cosa significa davvero “educativo” in una base operativa? E chi decide se un’esposizione è storica o semplicemente provocatoria?

Anche le tempistiche per le segnalazioni rappresentano un limite: la policy prevede 45 giorni per denunciare un episodio, una finestra stretta per chi è in missione lontano da porti o uffici. Tutto questo potrebbe rendere più difficile intervenire rapidamente in situazioni delicate e aumentare la percezione di rischio tra il personale.

In sintesi, la nuova norma non autorizza ufficialmente l’uso di simboli d’odio e prevede comunque indagini e punizioni in caso di violazioni. Ma la ridefinizione dei termini e l’aumento della discrezionalità rischiano di indebolire la capacità di prevenire e reprimere episodi di intimidazione, discriminazione o razzismo.

La senatrice democratica Jacky Rosen, da anni impegnata contro l’antisemitismo, lo ha detto con chiarezza: questo cambiamento indebolisce le tutele. Per chi ha memoria storica, una svastica o un cappio non sono simboli “divisivi”: sono richiami inequivocabili a genocidi, linciaggi, violenze sistemiche. Punto. Non è questione di sensibilità o comunicazione: è Storia.
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