Il negozio appare pulito, nuovo. Ha un indirizzo nel quartiere di Ak-Rinal, un sito Facebook, ben 201.000 follower. Google Street View lo mostra lindo e impeccabile fra le altre costruzioni, e pure frequentato da una gioventù allegra.
Peccato che venda caffè e Nutella e sia a Gaza City, lo stesso luogo da cui, mattina, pomeriggio e sera, arrivano immagini di crolli ed esplosioni. Funziona davvero il Caffè Nutella oppure – come sostengono i pro-pal indignati – è frutto della propaganda israeliana (decisamente allo stremo, se non trova idee migliori)?
E se invece fosse stato ideato e finanziato coi pacchi alimentari rubati agli aiuti, da accaparratori di guerra o da pro-Hamas? Non ditelo neanche per scherzo: si rischia di brutto. Bisognerebbe poter controllare, ma non si può andare sul posto; così, per adesso, resta una delle tante stranezze che arrivano dalla Striscia, compreso il dettaglio – da non trascurare – per cui il video di apertura su Facebook è di agosto. Spiegazioni? Nessuna. Il mistero della Nutella rimane, tanto che la Ferrero si dissocia, a riprova che il locale esiste ma che non si sa di chi sia e cosa faccia, specie in una zona di combattimenti.
Ma non è questo l’unico dettaglio curioso di una battaglia campale giocata sui media, sui “si dice”, su chi grida più forte. E sulle più svariate assurdità.
Gli esempi sono tanti. Si diceva che ai gazawi fosse vietato fare il bagno: le immagini – anche quelle drammatiche dei bombardamenti – li mostrano invece in acqua. Si parlava di Gaza Cola. Dov’è? Dopo aver dissetato l’estate dei probi e di chi voleva finanziare la ricostruzione di un ospedale nella Striscia, la bevanda è sparita dai radar. Spacciata per totalmente palestinese, lo era solo nel proprietario: in realtà veniva prodotta e imbottigliata in Polonia. Nulla di male, ma non risultano grandi affinità tra uno Stato dell’Est e il Medio Oriente.
E soprattutto: dove sono finiti i proventi generati? Da un progetto così nobile è lecito pretendere la massima trasparenza. Anche qui, tracce perdute, insieme all’entusiasmo estivo per la bevanda etica che aspirava al successo planetario, ma non l’ha raggiunto.
Perché da Gaza arriva di tutto: notizie terribili, una guerra atroce, ma anche dettagli poco chiari, voci mai verificate, elementi che non sono logici e non lo saranno mai, e di cui sarebbe bene capire la genesi.
Un esempio: in Italia ospitiamo alcuni giovani e vari bambini, la cui condizione è stata aggravata dalla guerra. Io sono convinta che più persone aiutiamo meglio è, ma non posso non notare incongruenze: bambini dati per morti di fame che in realtà soffrivano di fibrosi cistica e poi “resuscitati”; una giovane indicata come morta di anoressia ma uccisa da un linfoma del sangue (che in Italia, se curato in tempo, si sarebbe potuto trattare); medici che buttano medicine Teva in diretta streaming, per poi ammettere che si trattava di una simulazione.
Voci, rumori, contraddizioni: nulla di più che agitare, innervosire, destabilizzare. La peggior propaganda.
Perché qui non è più il mistero della Nutella: è cavalcare un insieme di notizie false o mai verificate, che non fanno che peggiorare la comprensione di quanto accade e inasprire gli animi. E questo non aiuta nessuno.
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