Pizzaballa torna a Gaza e la notizia viene confezionata come una parabola umanitaria: Natale, ricostruzione, speranza.
Tutto vero, tutto rispettabile. Ma anche tutto incompleto. Gaza appare come un luogo colpito da una calamità naturale, non come un territorio governato da un’organizzazione terroristica che ha fatto della guerra permanente il proprio metodo. Hamas resta sullo sfondo, quasi evaporata. Israele invece c’è, ma solo come potere che controlla, negozia, si ritira.
Il 7 ottobre viene citato senza peso, come se non fosse l’origine di nulla. Così la ricostruzione diventa un atto morale, non un problema politico e di sicurezza. Il risultato è una compassione disarmata: empatia senza responsabilità, umanità senza analisi.
Più che una bugia è una scelta precisa di cosa non dire. E in quel silenzio, ancora una volta, il nodo centrale viene rimosso.
Pizzaballa a Gaza come calamità naturale
Pizzaballa a Gaza come calamità naturale
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