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Ostaggi e pregiudicati

Daniele Renzoni

Tempo di Lettura: 3 min
Ostaggi e pregiudicati

Retorica da America di frontiera, con qualche venatura da predicatore religioso, Trump davanti alla Knesset ha condiviso una visione e per almeno un giorno ha elargito a piene mani sogni e speranze di una pace duratura.

La pace in Israele è un progetto complicato, avrà bisogno di un lungo tempo per essere articolata in modo da dare reciproca soddisfazione e, soprattutto, sicurezza a israeliani e palestinesi.

Intanto, si prenda per buono il cessate il fuoco, il ritorno a casa degli ultimi ostaggi catturati il 7 ottobre ancora nelle mani di Hamas, il rilascio di migliaia di prigionieri dalle carceri di Tel Aviv.

Peccato che al tacere delle armi nella Striscia di Gaza non sembra corrispondere altrettanta tregua politica da parte dei tanti sostenitori pro-pal colpiti in contropiede dal “miracolo” trumpiano. E, secondo il vecchio adagio che le sconfitte sono orfane mentre le vittorie hanno tanti padri, i pro-pal, al cambio di gioco diplomatico tra USA e Paesi arabi, hanno reagito rivendicando il merito che avrebbero avuto piazze, cortei e “flottille” per l’accordo di cessate il fuoco.

Le opposizioni non intendono deporre le “armi” del pessimismo, attrezzate a sottolineare più le difficoltà dell’accordo che a coglierne le opportunità.

Non hanno ascoltato neanche l’intervento alla Knesset del capo dell’opposizione al governo Netanyahu, subito dopo il discorso di Trump.
“Su Gaza avete sbagliato”, ha detto il leader della sinistra Yair Lapid, strenuo oppositore del governo, a tutti coloro che hanno manifestato nel mondo contro Israele.

“Siete stati ingannati”, ha aggiunto Lapid, “da esperti di propaganda, finanziati con denaro del terrorismo. Vi hanno manipolato. Ora che la guerra è finita avete una possibilità: andate a informarvi, scoprite i fatti. La verità è che non c’è stato alcun genocidio. Non c’è stata alcuna fame deliberata”.

Parole che non sembrerebbero aver avuto eco alle orecchie di chi continua a protestare in piazza e a proporre boicottaggi contro tutto quello che sa di Israele.

E di chi ha messo sullo stesso piano i venti ostaggi malconci salvatisi dal tiro al bersaglio dei terroristi di Hamas il 7 ottobre e i duemila prigionieri palestinesi usciti esultanti dalle carceri israeliane per reati penali.

Neanche la fine dell’incubo vissuto nella rispettosa discrezione delle famiglie degli ostaggi israeliani ha prodotto umana solidarietà rispetto alla gazzarra inscenata nelle piazze di Gaza per la riconsegna dei pregiudicati palestinesi.

E ancora, nessun commento all’eccidio di concittadini che Hamas ha compiuto nel primo giorno di tregua per regolare i conti con avversari interni.

“Nel mondo esistono il bene e il male. Quando state con Hamas, state con il male. Quando state con Hezbollah, state con il male. Quando state dalla parte di Israele, state dalla parte della giustizia”. Sono ancora parole di Yair Lapid, avversario politico di Netanyahu, leader dell’opposizione di sinistra, rivolte a tutti coloro che hanno isolato Israele in questi due anni.


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