Sono stati ben presto smentiti dai fatti quei media occidentali che, per giorni, hanno tentato di derubricare a «scontri tribali» o «interetnici» i massacri compiuti ai danni dei curdi nel sud della Siria. A perpetrare le stragi sono state milizie beduine sostenute dalle forze del regime di Ahmad Al Sharaa, il nuovo leader siriano che ha scalzato Bashar al-Assad. Al Sharaa, un tempo noto come Al Jolani, è stato il capo di Al Qaeda e dell’ISIS in Siria.
Già a marzo le sue milizie sunnite avevano attaccato e ucciso 1.500 tra alawiti, sciiti, cristiani e drusi. Oggi i morti sono centinaia. Nel mirino ci sono i drusi della costa meridionale siriana, un’area strategica per il controllo dell’intero quadrante. Allora, Al Sharaa aveva giurato che si trattava di gruppi fuori controllo e che gli abusi sarebbero stati puniti. Ma tre mesi dopo, tutto è ricominciato.
I leader drusi nel Rojava, la regione a nord della Siria, chiedono ora l’intervento della comunità internazionale. Tra loro c’è lo sceicco Marwan Kiwan, che lancia un messaggio ripreso dal Memri (Middle East Media Research Institute), l’istituto con sedi a Washington e Gerusalemme, fondato e diretto da Ygal Carmon, già consigliere per l’antiterrorismo di vari premier israeliani.
«Tutto ciò che abbiamo visto dal regime di Damasco è stato tradimento», afferma lo sceicco Kiwan. «Tutto ciò che abbiamo ricevuto da loro sono stati abusi nei villaggi di Jabal al-Summaq, Jaramana, Ashrafieh, Sahnaya, Qatana. E ora, quando sono entrati, hanno commesso massacri così orribili che persino le orecchie tremano nel sentirli».
Poi, lancia un monito clamoroso: «Se un’integrazione nazionale pacifica non è possibile, e se non possiamo essere parte della guida della fase di transizione, allora chiediamo di unirci a Israele. Israele è nostro amico, ci è stato accanto. Non siamo separatisti, ma ora chiediamo la separazione».
Israele è intervenuto con raid mirati contro le forze beduine e ha colpito il quartier generale del ministero della Difesa a Damasco. Intanto, centinaia di drusi israeliani hanno attraversato il confine per combattere in Siria. Qual è, allora, l’obiettivo reale di Ahmad Al Sharaa, fino a pochi mesi fa acclamato come il «Telebuono», l’uomo che avrebbe dovuto spezzare l’asse Iran-Hezbollah e favorire nuovi accordi commerciali con l’Occidente, garantendo una transizione verso la democrazia?
Per Ygal Carmon, la verità è un’altra: «La mimetica di Al Jolani è ancora nell’armadio, pronta a sostituire la giacca e cravatta con cui si era presentato al mondo».
Il nuovo conflitto, secondo Carmon, non si gioca più soltanto tra Damasco, il Libano e Gaza.
«Jolani è oggi strumento della volontà egemonica di Erdogan», sostiene. «Ed è per questo che rappresenta una minaccia per Israele. Erdogan, in questi stessi giorni, parla apertamente di guerra contro Israele e celebra la forza dell’esercito turco». Dalla Turchia, il «Sultano» di Istanbul prepara nuove mosse. La partita mediorientale si allarga. Quelli in corso non sono affatto scontri tribali. Sono l’inizio di un conflitto più vasto, che mira a ridisegnare gli equilibri geopolitici dell’intera regione. E il cui esito resta, per ora, impossibile da prevedere.
Non sono scontri tribali: il massacro dei drusi e la guerra per il nuovo Medio Oriente Non sono scontri tribali: il massacro dei drusi e la guerra per il nuovo Medio Oriente Non sono scontri tribali: il massacro dei drusi e la guerra per il nuovo Medio Oriente/span>