Benjamin Netanyahu, come spesso accade, rilascia dichiarazioni destinate a scuotere l’opinione pubblica: «Israele si sta preparando all’occupazione di Gaza».
Anche questa volta i media occidentali si sono precipitati a rilanciare le sue parole, alimentando le tensioni sul campo e, al tempo stesso, garantendosi ascolti. Il risultato? Un’immagine di Israele distorta e negativa.
La realtà è complessa: si combatte una guerra tra un esercito regolare e forze di guerriglia spietate, che usano la popolazione civile e cinquanta ostaggi — prigionieri da oltre 670 giorni — come scudi umani.
Forse, più che un annuncio operativo, la frase di Netanyahu è l’avvio di una trattativa dura, un messaggio a Hamas per ricordare che Israele dispone di strumenti estremi, inclusa l’occupazione.
Dal punto di vista politico, il premier paga il “dazio” agli alleati più radicali, senza impegnarsi in piani o tempistiche precise, così da non alienarsi i partner moderati. Netanyahu conosce bene:
il costo militare e umano dell’occupazione di Gaza;
la necessità di mobilitare altre riserve e preparare l’opinione pubblica;
la contrarietà del Capo di Stato Maggiore, Eyal Zamir, che ha avvertito sulle conseguenze gravissime di un’operazione simile;
il rischio per la vita degli ostaggi e per quella dei civili palestinesi innocenti;
l’importanza di non indebolire l’unità nazionale in tempo di guerra;
i sondaggi che mostrano la contrarietà della maggioranza degli israeliani all’occupazione.
In un momento in cui è già in campagna elettorale, Netanyahu sa che il sostegno degli Stati Uniti è una condizione indispensabile. Politico controverso, intelligente e spregiudicato, sta attraversando uno dei passaggi più stretti della sua carriera.
Netanyahu occuperà Gaza? Netanyahu occuperà Gaza? Netanyahu occuperà Gaza?