Chi è
Cantautrice e poetessa, “la voce di Israele”. Le sue canzoni hanno raccontato il Paese come pochi scrittori o politici: la nostalgia dei kibbutz, la guerra, la pace, l’infanzia, la lingua stessa. Nata al kibbutz Kvutzat Kinneret, sulle rive del lago di Tiberiade, crebbe tra il lavoro dei campi e la musica, due linguaggi che per lei non furono mai separati.
Percorso
Compositrice precoce, studiò a Gerusalemme e a Tel Aviv, scrivendo canzoni per bambini, per l’esercito e per i festival musicali degli anni Cinquanta e Sessanta. La fama mondiale arrivò con Yerushalayim shel Zahav (“Gerusalemme d’oro”), scritta nel 1967 alla vigilia della Guerra dei Sei Giorni: un inno d’amore e di assenza, che divenne subito patrimonio collettivo. Negli anni seguenti continuò a scrivere, spesso con toni più malinconici, su Israele e sulla memoria.
Profilo
Shemer univa rigore linguistico e semplicità emotiva: le sue parole sembrano sempre antiche e nuove allo stesso tempo. Profondamente sionista, ma mai propagandista, celebrava la terra, l’amicizia, la perdita. Dietro l’immagine solare c’era una donna esigente, solitaria, consapevole del peso delle proprie parole.
Perché conta
Naomi Shemer diede alla musica israeliana la sua lingua madre: colta e popolare, tenera e austera. In ogni periodo di crisi o lutto, le sue melodie riaffiorano come preghiere laiche. Se Israele ha una colonna sonora dell’anima, è la sua.
Naomi Shemer (1930–2004)