Chi è
Diplomatico, uomo di pensiero e secondo primo ministro d’Israele (1954–1955). Nacque a Kherson, nell’Impero russo, e giunse in Palestina da bambino nel 1906 con la Seconda Aliyah. Cresciuto in un ambiente sionista e socialista, divenne uno dei primi israeliani a incarnare il volto civile, razionale e dialogante della politica nazionale.
Percorso
Studiò a Istanbul e a Londra, padroneggiava diverse lingue e si formò come traduttore e giornalista. Fu tra i fondatori del giornale Davar e in seguito braccio diplomatico del movimento sionista. Durante il Mandato britannico rappresentò l’Agenzia Ebraica nei rapporti con Londra e all’ONU; nel 1948 firmò, insieme a Ben-Gurion, la Dichiarazione d’Indipendenza. Divenuto ministro degli Esteri, lavorò per il riconoscimento internazionale del nuovo Stato e per stabilire relazioni con i Paesi non allineati. Succedette a Ben-Gurion come premier nel 1954, ma la sua linea pragmatica e moderata, fondata sul negoziato, entrò in attrito con quella più dura dei militari. Dopo un anno lasciò l’incarico, tornando brevemente agli Esteri.
Profilo
Sharett era l’antitesi del condottiero: colto, paziente, diffidente verso la forza come linguaggio politico. Credeva nella diplomazia come estensione della moralità pubblica e nella parola come strumento di sicurezza. Per molti israeliani incarnò un ideale di civiltà politica presto travolto dal clima della regione.
Perché conta
Moshe Sharett rappresenta l’Israele che voleva essere normale prima ancora che forte. Il suo fallimento fu precoce, ma la sua eredità — un nazionalismo sobrio, legato al diritto e alla misura — resta una delle più rare nella storia di un Paese spesso costretto a scegliere tra la ragione e l’urgenza.
Moshe Sharett (1894–1965)

