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L’odio non si vende a venti euro

Andrea Fiore

Tempo di Lettura: 2 min
L’odio non si vende a venti euro

Il merchandising che invita esplicitamente a boicottare Israele non è un fenomeno marginale, ma un segnale di come l’odio possa essere confezionato e venduto come fosse un prodotto qualsiasi. Una tazza o una maglietta con scritto “boicotta Israele” non sono accessori innocui: sono strumenti che portano dentro la vita quotidiana un messaggio politico radicale, trasformando il conflitto in routine. Il gesto di bere un caffè o indossare una t‑shirt diventa un atto di propaganda, un modo per normalizzare l’esclusione e sedimentarla nei gesti più banali.

Il problema non è solo lo sciacallaggio commerciale o il prezzo gonfiato. È la riduzione di una tragedia storica a slogan stampato su ceramica o tessuto. Il conflitto israelo‑palestinese, con tutte le sue implicazioni politiche e umane, viene semplificato e banalizzato fino a diventare un marchio da indossare o un oggetto da esibire. In questo modo la politica abdica al commercio, e il boicottaggio si trasforma in brand. Non è più riflessione critica, è marketing dell’odio.

Le piattaforme digitali amplificano questa dinamica. Etsy, Amazon, Redbubble e altri marketplace globali si limitano a vietare la violenza esplicita, ma lasciano circolare slogan che incitano al boicottaggio. Non esiste un regolatore esterno che stabilisca limiti chiari. In assenza di regole precise, il commercio diventa veicolo di messaggi politici che non passano più attraverso il dibattito pubblico, ma attraverso la logica del consumo. È un vuoto normativo che permette a chiunque di trasformare una causa in gadget, un odio in routine.

La conseguenza è amara: l’odio non resta confinato nelle piazze o nei parlamenti, ma entra nelle case, si sedimenta nei gesti quotidiani e finisce per plasmare la cultura. Una tazza a venti euro non porta giustizia, non costruisce pace, non cambia il destino dei popoli. Serve solo a fare cassa e a diffondere rancore.

La rivoluzione non si fa al supermercato. L’odio non si vende a venti euro.


L’odio non si vende a venti euro
L’odio non si vende a venti euro