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Lo spettacolo e il silenzio – quando la Croce Rossa entra in scena senza dirlo

Daniele Scalise

Tempo di Lettura: 3 min
Lo spettacolo e il silenzio – quando la Croce Rossa entra in scena senza dirlo

Verrebbe da pensare alla scena tratta da un (brutto) film di guerra ma purtroppo è autentica. In un’area devastata di Gaza, uomini della Croce Rossa si affrettano per un’operazione di soccorso e accanto a loro, i miliziani di Hamas scavano, tirano fuori un corpo, lo ricoprono di nuovo, poi lo disseppelliscono davanti alle telecamere. Tutto appare orchestrato, ripetuto più volte, come in una recita macabra.

La Croce Rossa, ore dopo, dichiara di non saperne nulla. Dice che la squadra sul campo era all’oscuro e che aveva agito in buona fede. Peccato che le immagini mostrino tutt’altro: personale in uniforme, immobile, che assiste inerme alla messinscena, mentre i terroristi manovrano il corpo del rapito come fosse un oggetto di scena. Uno spettacolo che pretende di essere verità.

È qui che la neutralità crolla. Perché la Croce Rossa, simbolo universale di soccorso e imparzialità, diventa squallida comparsa in una propaganda di guerra. Non serve pensare a un’intenzione maligna: basta una disattenzione, un cedimento al contesto, e la sua autorità morale si sgretola. Quando il confine tra testimonianza e partecipazione si sfuma, ogni gesto rischia di perdere peso e significato.

In guerra la verità è sempre sotto assedio, ma stavolta la manipolazione è arrivata al punto di coinvolgere chi dovrebbe tenersene lontano. Hamas ha trasformato la morte in recita penosa e insieme terribile, la pietà in farsa, e il silenzio della Croce Rossa sembra quel che è: un consenso tacito. La replica ufficiale è arrivata solo molte ore dopo, troppo tardi per arginare il danno d’immagine.

Il punto non è solo l’errore, ma la percezione. Quando il pubblico vede un simbolo neutrale presente in un video di propaganda, non distingue più tra soccorso e spettacolo. E allora tutto si confonde: chi aiuta e chi usa, chi salva e chi sfrutta.

Il problema è che la guerra di oggi non si combatte solo con le armi ma, lo sanno anche i fanciulli (anzi, soprattutto loro) con le immagini. E chi entra nell’inquadratura, anche casualmente, diventa parte della storia che altri stanno raccontando.

La Croce Rossa, forse, credeva di assistere a un recupero. In realtà era dentro una rappresentazione, una frasa costruita per spostare il racconto e riscrivere la colpa. Hamas lo sa bene, persino meglio di noi: l’immagine è più potente della verità.
Resta una domanda sospesa e insieme amarissima: se persino chi porta il simbolo della neutralità finisce per fare da comparsa in una messinscena, chi resta a garantire la verità dei fatti?

Forse nessuno. E la guerra, anche quella dell’informazione, si vince proprio così: quando il soccorritore smette di accorgersi di essere sul palco.
P.S. Per quel che vale, scrivere queste righe mi è costato fatica perché ho sempre considerato la Croce Rossa un’ente ammirevole per due motivi: la Croce non ha nulla a che vedere con la croce cristiana e per di più si tratta di un’organizzazione generata da uno Paese che amo per motivi personali molto forti, la Svizzera. Doppio e forse inutile dolore.


Lo spettacolo e il silenzio – quando la Croce Rossa entra in scena senza dirlo
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