Oggi, al di là delle discussioni politiche, la cosa più importante è che la guerra sembra davvero finire. Gli ostaggi sono tornati a casa, le armi hanno smesso di sparare, e la parola “pace” torna a farsi sentire. Ma la pace non è solo la fine dei combattimenti, è anche il lento e difficile tentativo di ricominciare.
Per chi è stato prigioniero, la libertà non arriva tutta in un giorno. Dopo mesi o anni in ostaggio, tornare a casa non basta per sentirsi davvero liberi. Molti vivranno ancora con la paura, incubi e risvegli improvvisi con la sensazione di essere ancora rinchiusi. Altri faranno fatica a fidarsi, anche dei propri cari. È come se una parte di loro fosse rimasta là, dove tutto si è fermato.
Durante questi 737 giorni, non solo gli ostaggi hanno vissuto nella paura. Ogni israeliano, ovunque si trovasse, ha sentito un senso di prigionia: rapito dall’angoscia, dalle notizie, dall’attesa. Ogni giorno senza sapere, ogni immagine o silenzio, ha contribuito a una paura collettiva, fatta di incertezza, rabbia e impotenza.
Questa esperienza ha attraversato un intero popolo. Famiglie, vicini, chi vive lontano ma sente quel legame nel cuore: tutti hanno vissuto con un nodo dentro, come se la vita fosse rimasta sospesa insieme a quella dei prigionieri. E quando le celle si sono aperte, è arrivato un respiro nuovo, ma non ancora la vera libertà.
Oltre al trauma della prigionia, molti ebrei nel mondo hanno dovuto affrontare anche un’opinione pubblica spesso manipolata dalla propaganda, che li dipinge come carnefici invece che vittime. Questo doppio peso, fatto di paura e incomprensione, ha aumentato il senso di isolamento e di vulnerabilità, rendendo ancora più difficile ritrovare la normalità.
Con il ritorno degli ostaggi e il silenzio delle armi sembra aprirsi una nuova fase. Ma le macerie della guerra non sono solo quelle delle case distrutte: sono anche dentro le persone. Israele e Palestina portano entrambe il peso del dolore, della perdita e della paura.
La fine dei combattimenti non cancella il trauma, ma può essere, finalmente, l’inizio di qualcosa di diverso.
L’inizio di qualcosa di diverso
L’inizio di qualcosa di diverso