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Libano. Miliziano di Hezbollah anche nell’intelligence dell’esercito

Paolo Montesi

Tempo di Lettura: 3 min
Libano. Miliziano di Hezbollah anche nell’intelligence dell’esercito

L’eliminazione di Ali Abdullah, avvenuta lunedì 22 dicembre in un attacco mirato nei pressi di Sidone, aggiunge un tassello inquietante al mosaico libanese: secondo le IDF, il terrorista di Hezbollah non era solo un operativo dell’organizzazione sciita, ma prestava contemporaneamente servizio nell’unità di intelligence dell’esercito libanese. Insieme a lui sono stati uccisi altri due miliziani, Mustafa Bolt, attivo nella difesa aerea di Hezbollah nella regione, e Hassan Hamdan. Un’operazione chirurgica che riporta al centro una questione esplosiva: la sovrapposizione sempre meno opaca tra milizia filo-iraniana e istituzioni statali libanesi.

Il raid ha colpito un veicolo ad Al-Quneitra, nell’area di Sidone. Le IDF hanno spiegato che l’azione rientra nella campagna contro i tentativi di Hezbollah di ricostruire infrastrutture terroristiche nel Libano meridionale, in aperta violazione degli accordi con Israele. Non è un episodio isolato. Dall’inizio di ottobre, secondo fonti militari israeliane, almeno quaranta terroristi sono stati eliminati in una trentina di villaggi del sud del Libano; il totale sale a oltre 380 dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, durante il quale Hezbollah avrebbe violato gli accordi più di 1.900 volte.
Le attività attribuite ai miliziani colpiti delineano un quadro sistemico: ripristino di postazioni operative, contrabbando di armi, coordinamento tra le comunità locali e il quartier generale dell’organizzazione. Tutto questo mentre, formalmente, la presenza armata di Hezbollah a sud del Litani dovrebbe essere assente. La scoperta che uno degli eliminati fosse anche un soldato dell’esercito libanese rende la frattura ancora più profonda.

La notizia arriva in un momento di tensione crescente tra Beirut e Teheran. All’inizio del mese, ambienti iraniani hanno rivendicato legami strutturali tra Hezbollah e l’esercito libanese. Un’affermazione respinta con forza da Beirut, che ha negato qualsiasi affiliazione settaria o politica delle proprie forze armate, ribadendo la lealtà esclusiva allo Stato. A innescare la polemica è stata un’intervista diffusa dal sito Iran International, in cui un accademico vicino agli ambienti della Guida Suprema affermava che “il 30% dell’esercito libanese è composto da membri di Hezbollah”, paragonando il movimento alle milizie Basij iraniane.

In Libano, quelle parole sono state lette come un attacco diretto alla sovranità nazionale, proprio mentre il governo tenta – almeno sul piano dichiarativo – di rafforzare il controllo statale e ridurre l’influenza iraniana. Alcuni media locali hanno parlato apertamente di incitamento iraniano contro l’esercito libanese, sottolineando il rischio di delegittimazione di una delle poche istituzioni ancora percepite come nazionali.

Sul piano strategico, l’eliminazione di Ali Abdullah rafforza la tesi israeliana secondo cui la distinzione tra Hezbollah e apparati statali libanesi è sempre più teorica. Per Israele, questo intreccio rappresenta una minaccia diretta e un fattore che potrebbe accelerare una più ampia operazione militare nel nord. Per il Libano, invece, è il segno di una crisi di sovranità che continua a consumarsi sotto traccia, mentre il Paese resta ostaggio di equilibri armati che non controlla più.

In gioco non c’è solo la sicurezza del confine, ma la natura stessa dello Stato libanese: un esercito nazionale o un’istituzione infiltrata, costretta a convivere con una milizia che risponde prima a Teheran che a Beirut.


Libano. Miliziano di Hezbollah anche nell’intelligence dell’esercito
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