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L’Europa smarrita davanti alla tregua di Gaza

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L’Europa smarrita davanti alla tregua di Gaza

In queste ore, sugli schermi di tutto il mondo, si susseguono immagini di giubilo sia della popolazione di Gaza che di quella israeliana. Telegiornali e talk show, tra interviste e commenti, oscillano tra ottimismo, speranza e cupo pessimismo, in alcuni casi dettato anche da una malcelata rabbia per il fatto che il grande “direttore d’orchestra” di questo accordo di tregua tra Israele e Hamas sia stato il presidente Trump.

Indubbio è il successo politico del presidente americano: non solo se riuscirà a riportare a casa gli ostaggi e a mettere la prima pietra di quello che potrebbe essere un piano di pace per quella martoriata terra, ma anche per aver ottenuto un risultato che rafforza la sua narrazione di leader mondiale e indiscusso difensore dei valori occidentali, ormai abbandonati da un’Europa fragile e frastagliata.

Nemmeno come presenza, nemmeno come comparsa, l’Europa ha assistito a questo storico accordo siglato in Egitto. I Paesi arabi, acconsentendo alla proposta di Trump — che apre prospettive economiche estremamente interessanti per loro — sono passati alla luce della ribalta, dando un contributo fondamentale persino al contenimento delle richieste di Hamas.

Fino a ventiquattr’ore prima della firma, le piazze europee — in particolare quelle italiane — si erano riempite di una variegata folla di pseudo-pacifisti che, inneggiando a uno Stato palestinese, avevano catalizzato l’interesse di un’ampia fetta della sinistra in una sorta di grido non solo contro Israele, ma anche antisistema, anti-élite, anti-Occidente. Un Occidente ritenuto, senza alcuna timidezza e con molta semplificazione, colpevole di tutti i mali che affliggono il Medio Oriente.

In questo sentimento collettivo, accolto troppo rapidamente da molti politici, si è consumata la disgregazione del ruolo europeo. Incapace di scegliere tra la giusta indignazione per la tragedia palestinese e l’altrettanto necessaria condanna del terrorismo islamico, l’Europa si è barcamenata tra pulsioni woke degne di un campus universitario e i roboanti annunci dei suoi leader, ai quali non è seguita alcuna seria e incisiva azione politica.

L’Europa ha dimostrato ancora una volta di aver perso se stessa, di aver smarrito quel ruolo di faro che, pur attraverso tragedie immani, l’aveva per due secoli posta alla testa di un cammino che ha condotto alle nostre Costituzioni nazionali e alle nostre democrazie.

Una parte dei cittadini e delle istituzioni europee ha commesso l’errore di credere che rinnegare il proprio passato, la propria storia, cancellando i segni della cultura umanistica in nome di una non meglio definita visione “global”, fosse la strada giusta per diventare più equi e più competitivi. Non è stato così.

L’autorevolezza deriva anche dalla coscienza di ciò che si è. L’Europa avrebbe potuto portare un contributo fondamentale alla risoluzione del drammatico conflitto mediorientale, anche per la sua vicinanza geografica. Ha invece preferito ascoltare solo la piazza, e in questo modo si è garantita l’irrilevanza — con il plauso di Trump e di tutti coloro che sperano che il progetto europeo, così come scritto dai suoi sostenitori, sia definitivamente tramontato.


L’Europa smarrita davanti alla tregua di Gaza
L’Europa smarrita davanti alla tregua di Gaza