Ogni giorno spunta un nuovo rapporto, un’inchiesta, una soffiata dei servizi: reti di Hamas riattivate in Turchia, denaro che scorre da Teheran, attivisti ricollocati, intimidazioni, reclutamento. Tutto riconduce allo stesso punto: l’Iran sta muovendo i fili.
Eppure l’Europa preferisce arzigogolare e parlare di attori regionali, instabilità, dinamiche complesse. L’unica cosa davvero complessa è capire perché il continente non riesca a nominare il responsabile mentre viviseziona ogni centimetro d’Israele come fosse un colpevole passato all’ultimo grado del giudizio universale.
È un gioco vecchio: se non dici la parola, magari il problema evapora. Ma la minaccia iraniana è bel lungi dal processo di evaporazione. L’Iran agisce, finanzia, arma e dirige. Mentre il Vecchio Continente – che pare l’animula vagula blandula del moribondo imperatore Adriano – continua a girare intorno al punto come chi teme più la chiarezza che la minaccia.
Prima o poi servirà il coraggio di dire la parola proibita. Perché l’unico vero tabù europeo, oggi, non è l’estremismo, ma semmai è pronunciarne finalmente il nome.
L’Europa e la parola impronunciabile
L’Europa e la parola impronunciabile
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