Rula Jebreal, un tempo annunciò solennemente che avrebbe lasciato l’Italia se avesse vinto la destra. E invece eccola qui, più presente che mai. Talk show, interviste, dibattiti, citazioni in loop: l’esilio proclamato si è trasformato in tournée permanente. Pensate cosa sarebbe successo se avesse vinto la sinistra. Pure nella minestra ce la trovavamo.
Ora torna in scena con un libro dal titolo sobrio come una carezza: Genocidio. Parola che serve a infiammare, non certo a chiarire. Perfetta per la nostra epoca di indignazioni un tanto al chilo, dove ogni tragedia è buona per la copertina e ogni copertina per un salotto.
L’Italia, che doveva essere abbandonata per dignità offesa (‘ma come si permettono questi straccioni di votare a destra?’), si rivela invece terreno fertilissimo per chi ama predicare. E così la promessa di esilio diventa l’ennesimo manifesto dell’ipocrisia intellettuale: restare per giudicare, parlare per accusare, esistere per scandalizzare. Ma scandalizzare chi? Nemmeno mia nonna si sarebbe scandalizzata. Tutt’al più irritata da tanta soverchiante presenza.
Alla fine, più che un’esule, Rula ha imparato bene la lezione italiana tanto che sembra una reincarnazione del vizio nazionale: gridare al disastro e poi restare ben piantati al centro della scena.
L’esilio mancato
L’esilio mancato
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