È bastato un pianto inventato — una zia perseguitata ma per un hijab indossato dopo l’11 settembre — per commuovere i liberals col bicchiere di Chardonnay in mano. Zohran Mamdani, il candidato-simbolo dell’odio benestante, è diventato l’eroe dei salotti che sognano la rivoluzione con vista Central Park e l’autista sotto casa. La zia non esisteva (o meglio, ha sempre vissuto in Tanzania), ma il pubblico sì: quello che si eccita a ogni parola contro Israele, contro l’Occidente, contro se stesso.
A stupire non è la menzogna, ma la fame di menzogna. La corsa a incoronare chi odia la civiltà che gli ha dato casa, scuola e passaporto. Il male non è nell’antisemita ricco e impudente che si fa eleggere a sindaco; il male è in chi, applaudendolo, cerca di lavarsi la coscienza del proprio privilegio invece di riconoscerlo ed esserne grato.
È un copione già visto: l’intellighenzia che scambia l’odio per pensiero critico e l’auto-disprezzo per empatia. Se è servito a questo, allora sì, forse Mamdani un po’ di ragione deve averla. Forse l’Occidente è davvero pronto a votare contro se stesso, con un sorriso soddisfatto e la mano alzata per brindare.
L’élite e il boia
L’élite e il boia
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