Nel gennaio 2024, il ministero dell’Interno francese ha pubblicato un rapporto ufficiale intitolato “Frères musulmans et islamisme politique en France”, frutto del lavoro della Délégation interministérielle à la lutte contre le racisme, l’antisémitisme et la haine anti-LGBT (DILCRAH), diretta all’epoca da Olivier Klein, su impulso del ministro dell’Interno Gérald Darmanin. Lo scopo dichiarato del rapporto è quello di analizzare, con strumenti di ricerca e indagine istituzionale, la natura, le strategie e l’influenza del movimento dei Fratelli musulmani e più in generale dell’islamismo politico nel contesto francese contemporaneo.
La motivazione alla base di questo studio nasce dalla crescente consapevolezza, da parte delle autorità francesi, che l’islamismo politico rappresenti una sfida importante per la Repubblica e per i suoi valori fondamentali: la laicità (laïcité), l’uguaglianza tra i sessi, la libertà di espressione e la coesione nazionale. Non si tratta, si precisa nel documento, di criminalizzare l’islam o i musulmani, ma di identificare quelle dinamiche ideologiche e organizzative che, pur non ricorrendo alla violenza, contribuiscono a separare e radicalizzare parte della popolazione musulmana, soprattutto nei quartieri più fragili e marginalizzati.
I Fratelli musulmani, movimento nato in Egitto nel 1928 e diffusosi in gran parte del mondo arabo-islamico, sono stati in grado di esportare una visione politica dell’islam, costruita su un’ideologia totalizzante e su una rete ramificata di associazioni, istituzioni educative, centri culturali e ONG. In Francia, secondo il rapporto, questa strategia di entrismo e influenza indiretta si è radicata a partire dagli anni Ottanta, rafforzandosi grazie a canali transnazionali, finanziamenti esteri (in particolare dal Qatar e dalla Turchia), e al vuoto lasciato dalle istituzioni repubblicane in alcune aree.
L’islamismo politico, nella visione espressa nel documento, si distingue dal jihadismo violento ma condivide con esso la volontà di costruire una società islamica alternativa a quella democratica e secolare. L’approccio è graduale, paziente e fondato sull’educazione, la predicazione e la conquista dello spazio culturale, sociale e talvolta politico. È questa natura mimetica, legale ma profondamente ideologica, a rendere l’islamismo politico una questione particolarmente delicata e difficile da contrastare con i soli strumenti della sicurezza.
Il rapporto si pone dunque l’obiettivo di offrire una mappa delle reti islamiste presenti in Francia, analizzare i loro riferimenti dottrinali, il loro impatto nelle scuole, nei municipi, nei media e nell’associazionismo, e suggerire delle contromisure possibili, basate su un rafforzamento dello Stato di diritto, dell’istruzione civica e della vigilanza democratica.
Questo documento si inserisce nel più ampio sforzo del governo francese di elaborare una strategia nazionale contro il “separatismo islamista” – termine introdotto dal Presidente Emmanuel Macron – volto a riaffermare la centralità dei valori repubblicani contro ogni forma di identitarismo o comunitarismo che possa minacciare l’unità della nazione.
I Le sirene d’allarme suonano a Parigi
Le sirene d’allarme suonano a Parigi
Fratelli Musulmani e islamismo in Francia
Introduzione
Negli ultimi decenni, il panorama religioso e sociale francese ha assistito alla comparsa di nuove forme di espressione dell’islam. Tra queste, la corrente dell’islamismo politico rappresentata dai Fratelli Musulmani si distingue per la sua influenza crescente e la sua capacità di adattamento ai contesti europei.
Questo rapporto, redatto da esperti su mandato del ministero dell’Interno, intende fare luce sull’origine, lo sviluppo, le modalità d’azione e gli obiettivi di questa corrente, con particolare attenzione alla situazione francese.
Il documento si basa su:
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ricerche scientifiche,
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missioni sul campo,
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colloqui con esperti e attori associativi,
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e l’analisi di materiali prodotti dalla stessa mouvance frérista.
L’obiettivo non è stigmatizzare l’islam in quanto tale, né confondere la fede religiosa con un progetto politico. Al contrario, si tratta di comprendere una visione del mondo che utilizza la religione come leva per trasformare la società secondo principi che possono entrare in tensione con i valori repubblicani.
Capitolo I: Origini e ideologia dei Fratelli Musulmani
1.1 Una confraternita politico-religiosa
I Fratelli Musulmani (al-Ikhwan al-Muslimun) sono stati fondati nel 1928 a Ismailia (Egitto) da Hassan al-Banna, un giovane maestro di scuola e predicatore. Nato nel contesto post-imperiale e coloniale, il movimento intendeva rispondere alla decadenza del mondo musulmano e all’influenza occidentale, attraverso il ritorno ai principi dell’islam e la riforma morale della società.
Fin dall’inizio, i Fratelli si sono presentati non come un partito, ma come un movimento globale, spirituale e sociale, destinato a coinvolgere tutte le dimensioni della vita: personale, familiare, sociale, politica. La loro parola d’ordine: “L’islam è la soluzione.”
1.2 Ideologia: un islam globale, sociale e politico
I Fratelli Musulmani si basano sull’idea che l’islam è una religione totale (shumuliyyat al-islam), che regola ogni aspetto dell’esistenza: il culto, l’economia, la politica, la giustizia, l’educazione.
I principi fondamentali includono:
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La sovranità di Dio (hakimiyya): la legge divina (shari‘a) è superiore a qualsiasi legislazione umana.
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Il rifiuto del secolarismo, visto come una forma di idolatria o di allontanamento da Dio.
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L’importanza dell’educazione religiosa e morale come leva per la trasformazione sociale.
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La gradualità nell’attuazione del progetto islamico, che può implicare partecipazione politica, azione sociale o anche jihad, a seconda dei contesti.
La celebre frase attribuita ad al-Banna riassume questa visione: “L’islam è fede e Stato, Corano e spada.”
1.3 La struttura della confraternita
La confraternita si è sviluppata in modo organizzato, con:
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una Guida suprema (murshid ‘am),
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un Consiglio della Shura (consultivo),
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e cellule locali chiamate “usra” (famiglia), che formano la base della mobilitazione.
Questa struttura è servita da modello per movimenti analoghi nati in altri paesi (Giordania, Siria, Palestina, Sudan…).
1.4 Fratture interne e pluralismo tattico
Con il tempo, la confraternita ha conosciuto scissioni e ramificazioni ideologiche:
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Da un lato, correnti più pragmatiche e riformiste, disposte a partecipare alla vita politica dei regimi nazionali.
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Dall’altro, correnti più radicali, ispirate da Sayyid Qutb (impiccato nel 1966), che ha sviluppato un pensiero più rigido, influenzando l’ideologia jihadista moderna.
Il pensiero qutbista si basa sull’idea che le società musulmane moderne vivano in uno stato di ignoranza (jahiliyya) e che la rivoluzione islamica sia necessaria per riportare la vera legge di Dio.
Tuttavia, i Fratelli Musulmani ufficiali hanno sempre mantenuto una strategia di adattamento e mimetismo: uso del linguaggio democratico, presenza in Parlamento, promozione di ONG e centri educativi, pur mantenendo in profondità un progetto di islamizzazione graduale.
Capitolo II – Lo sviluppo internazionale del movimento
2.1 La diaspora dei Fratelli Musulmani
Dalla loro fondazione in Egitto nel 1928, i Fratelli Musulmani hanno conosciuto una progressiva espansione internazionale. Tale diffusione ha preso velocità in particolare:
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dopo la repressione egiziana degli anni ’50 e ’60 sotto Nasser, che ha portato molti membri all’esilio;
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e dopo l’arrivo al potere di regimi autoritari in altri Paesi arabi, che vedevano nel movimento una minaccia politica.
Molti attivisti trovarono rifugio in Paesi europei come Germania, Svizzera, Francia e Regno Unito, o in Paesi del Golfo.
Questa diaspora ha permesso:
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la diffusione del pensiero frérista in Occidente;
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la creazione di reti transnazionali capaci di influenzare comunità musulmane al di fuori del mondo arabo.
2.2 L’Europa come terreno fertile
A partire dagli anni ’80, il movimento ha investito molto nella creazione di infrastrutture associative, religiose e culturali in Europa.
L’assenza di persecuzioni, la libertà di espressione e la protezione giuridica hanno fornito ai Fratelli Musulmani le condizioni ideali per radicarsi, spesso tramite:
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ONG e associazioni culturali;
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centri di formazione religiosa;
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luoghi di culto e moschee;
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attività giovanili e caritative.
2.3 La strategia di penetrazione
La strategia è stata quella della gradualità, della discrezione e della presentazione moderata. I discorsi pubblici mettono spesso in avanti:
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la lotta contro il razzismo,
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la difesa dei diritti dei musulmani,
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il pluralismo,
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il dialogo interreligioso.
Ma in ambiti più ristretti (formazione interna, letteratura in arabo), si ritrovano concetti molto diversi:
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superiorità della legge islamica,
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rifiuto del secolarismo,
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costruzione di una “umma” alternativa alla società occidentale.
2.4 L’influenza del Qatar
Il Qatar è diventato un sponsor ideologico e finanziario centrale del movimento. Ha sostenuto:
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la produzione di opere di riferimento (tra cui quelle di Yusuf al-Qaradawi),
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reti di predicatori e centri di formazione,
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e progetti legati all’educazione islamica in Europa.
Al-Qaradawi, ideologo di riferimento della Fratellanza, ha beneficiato per anni del sostegno del Qatar e della rete televisiva Al-Jazeera, amplificando la portata del suo messaggio.
2.5 Le organizzazioni coperte
Nel tempo, i Fratelli Musulmani hanno sviluppato un sistema a rete, con numerose organizzazioni “satelliti” che, pur non proclamandosi ufficialmente affiliate, ne condividono i principi.
Queste includono:
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il Conseil Européen pour la Fatwa et la Recherche (CEFR),
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la Fédération des Organisations Islamiques en Europe (FOIE),
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il Forum of European Muslim Youth and Student Organisations (FEMYSO).
L’approccio è sempre lo stesso: creare ambienti di riferimento comunitari, educare le nuove generazioni secondo una visione islamica del mondo, partecipare allo spazio pubblico in modo strategico.
Capitolo III – Una presenza francese
3.1 L’arrivo in Francia: tra rifugio e strategia
La Francia è diventata, a partire dagli anni ’60, terra di rifugio per numerosi esponenti del movimento dei Fratelli Musulmani, provenienti principalmente da:
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Egitto (dopo la repressione di Nasser),
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Siria (dopo la repressione degli anni ’80 da parte del regime di Hafez al-Assad),
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Tunisia, Algeria e altri Paesi del Maghreb.
Questo arrivo non è stato solo casuale: la Francia offriva protezione giuridica, libertà di espressione e la presenza di comunità musulmane in crescita, con le quali poter lavorare.
3.2 Un ecosistema associativo ben strutturato
Nel corso del tempo, si è costruito in Francia un vero e proprio ecosistema frérista: una rete di organizzazioni, moschee, istituti educativi, centri culturali, ONG e media, tutti ispirati, in modo più o meno diretto, all’ideologia dei Fratelli Musulmani.
Le organizzazioni principali includono:
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l’Union des Organisations Islamiques de France (UOIF), oggi chiamata Musulmans de France,
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l’Institut Européen des Sciences Humaines (IESH) di Château-Chinon e Saint-Denis,
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numerose moschee importanti,
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associazioni giovanili e studentesche.
Queste realtà formano una rete parallela e coesa, che opera secondo una logica di presa in carico globale dell’individuo musulmano: dalla scuola all’università, dalla moschea all’assistenza sociale, dalla famiglia alla vita civica.
3.3 Modalità di azione: gradualità, discrezione, cooptazione
I Fratelli Musulmani in Francia non agiscono in modo rivoluzionario o clandestino. La loro strategia è invece quella della “presa di potere dal basso”, attraverso:
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la formazione religiosa di predicatori e quadri,
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la penetrazione nel tessuto associativo locale,
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la partecipazione a iniziative pubbliche e dialoghi interreligiosi,
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la capacità di rappresentare i musulmani presso le autorità pubbliche.
Molti dei loro attivisti parlano un linguaggio moderato e compatibile con i valori repubblicani, ma in ambienti interni si ritrovano visioni più ambigue, tra cui:
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il rifiuto della laicità come valore superiore,
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l’idea di una separazione culturale dei musulmani,
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l’opposizione all’integrazione nella società secolarizzata.
3.4 Ruolo nell’organizzazione dell’islam in Francia
Nel corso degli anni 2000, l’UOIF è diventata uno degli attori principali nella gestione dell’islam in Francia. Ha partecipato:
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al Consiglio francese del culto musulmano (CFCM),
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alla formazione degli imam,
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alla gestione dei luoghi di culto.
Tuttavia, questa presenza ha sollevato molte critiche, sia da parte delle istituzioni, sia da parte di altri musulmani, per:
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il rischio di monopolizzazione del discorso religioso,
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l’ambiguità ideologica,
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la dipendenza da influenze estere, in particolare dal Qatar.
Capitolo IV – Principi dottrinali e modalità operative
4.1 Un islam globale e totalizzante
Il pensiero dei Fratelli Musulmani si fonda sull’idea che l’islam sia una religione totale che deve regolare tutti gli aspetti della vita:
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personale (etica, culto, abbigliamento),
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familiare (matrimonio, educazione),
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sociale (solidarietà, comportamento pubblico),
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e politico (legge, Stato, società).
Questo approccio, definito “shumuliyyat al-islam”, implica che:
la separazione tra sfera religiosa e pubblica è rifiutata come illegittima, artificiale e occidentale.
Ne deriva una visione gerarchica della società fondata su valori considerati immutabili (shari‘a), che si contrappongono al relativismo e al liberalismo delle democrazie occidentali.
4.2 La gradualità come metodo
Uno dei principi operativi centrali della mouvance frérista è la gradualità (tadarruj):
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adattare il discorso all’ambiente circostante;
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progredire passo dopo passo verso un cambiamento sociale profondo;
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evitare lo scontro diretto con le autorità o la società maggioritaria.
Questo approccio si traduce in un doppio linguaggio:
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Pubblicamente: si insiste sul rispetto delle leggi, sulla cittadinanza, sul dialogo.
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Internamente: si promuove una visione alternativa della società, dove i musulmani devono organizzarsi come comunità distinta, fedele ai principi islamici prima che ai valori nazionali.
4.3 Islamizzazione della base
L’azione della mouvance frérista punta soprattutto a:
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formare musulmani praticanti, rigorosi e orgogliosi della propria identità;
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favorire la ri-islamizzazione delle periferie;
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creare spazi comunitari protetti, dove le norme islamiche siano il riferimento principale.
Questo include:
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moschee “educative”,
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scuole private islamiche,
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colonie estive religiose,
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attività giovanili e scoutistiche islamizzate.
Il fine non è tanto la visibilità pubblica, ma la costruzione di una società alternativa, fondata sulla religione, all’interno della società francese.
4.4 Il ruolo dell’educazione e della formazione
La mouvance frérista investe moltissimo nella formazione degli imam, dei predicatori, delle guide giovanili. I principali strumenti sono:
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l’Institut Européen des Sciences Humaines (IESH), che forma religiosi ispirati al pensiero frérista;
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corsi di educazione islamica per bambini e adolescenti;
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conferenze, video online, podcast e libri in arabo e francese.
L’obiettivo è quello di creare una nuova élite religiosa francese, fedele ai valori islamici e capace di parlare il linguaggio dei giovani musulmani francesi.
4.5 La conquista delle istituzioni locali
A livello politico e amministrativo, la mouvance frérista adotta una strategia “partecipazionista”: candidarsi alle elezioni, inserirsi nei consigli cittadini, collaborare con le municipalità su temi sociali.
In particolare, i suoi membri cercano di:
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influenzare le politiche locali su cultura, educazione, religione, sport;
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ottenere sussidi pubblici per progetti comunitari;
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presentarsi come interlocutori privilegiati dell’islam “moderato”.
Tuttavia, in più casi, queste azioni sono state accompagnate da atteggiamenti ambigui:
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rifiuto di promuovere l’uguaglianza di genere,
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pressioni contro la libertà di espressione,
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opposizione alla commemorazione della Shoah o del genocidio armeno.
Capitolo V – Rischi e sfide per la Repubblica
5.1 Una sfida ideologica silenziosa
La mouvance frérista non si presenta come una minaccia violenta, ma come una sfida ideologica e culturale di lunga durata. Il suo obiettivo è modificare la società dal basso, influenzando le coscienze, le pratiche e i valori.
Il rischio principale è quello di una frattura culturale crescente all’interno della popolazione musulmana, spinta a identificarsi come corpo separato, con norme proprie e una logica comunitaria alternativa ai valori della Repubblica.
In questo modo, la République si trova contestata non con le armi, ma con gli strumenti della democrazia, secondo una logica di conquista soft ma radicale.
5.2 La minaccia dell’“entrismo” istituzionale
La mouvance frérista cerca di penetrare le istituzioni locali e nazionali attraverso:
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la candidatura di suoi membri a elezioni municipali o legislative,
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la presa di controllo di associazioni riconosciute di utilità pubblica,
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la partecipazione a organi consultivi sull’islam o sulla laicità.
Questa strategia di entrismo mira a legittimare un discorso religioso-politico che, dietro una retorica moderata, rimette in discussione i principi della laicità, dell’uguaglianza e della libertà individuale.
5.3 L’impatto sui più giovani
Uno dei settori in cui la mouvance frérista è più attiva è l’educazione informale dei giovani musulmani: corsi del doposcuola, scuole private, colonie estive, social media.
Il rischio segnalato è il seguente:
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i giovani crescono in ambienti culturalmente isolati, che trasmettono una visione religiosa rigida e identitaria;
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si sviluppa un discorso vittimario e di contrapposizione al mondo occidentale;
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vengono diffusi contenuti sessisti, antisemiti, antioccidentali in nome della “difesa dei valori islamici”.
5.4 Una sfida alla coesione nazionale
Questa logica porta a una frammentazione sociale:
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i cittadini non sono più uniti da valori comuni, ma si organizzano per “comunità” etniche o religiose;
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l’identità musulmana viene presentata come incompatibile con l’identità francese;
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si rafforzano atteggiamenti di separatismo culturale e di sfiducia nello Stato.
Questa tensione alimenta il radicalismo da entrambe le parti: favorisce da un lato l’estremismo islamista, dall’altro il discorso anti-musulmano dell’estrema destra.
5.5 Difficoltà di risposta istituzionale
Lo Stato francese si trova di fronte a una sfida complessa:
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le attività frériste sono quasi sempre legali, svolte nel rispetto formale della legge;
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i discorsi pubblici sono moderati e difficili da contestare giuridicamente;
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il principio di libertà di associazione e culto impedisce interventi generalizzati.
Tuttavia, i servizi dello Stato osservano con preoccupazione:
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la moltiplicazione di spazi islamici alternativi (scuole, media, ONG);
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la radicalizzazione silenziosa attraverso la formazione religiosa;
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l’influenza crescente di reti legate al Qatar e ad altre potenze straniere.
Capitolo VI – Raccomandazioni e risposte
6.1 Rafforzare la vigilanza istituzionale
Il rapporto raccomanda di rafforzare la capacità dello Stato e delle autorità locali nel:
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identificare le dinamiche associative collegate alla mouvance frérista;
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analizzare i contenuti diffusi nei discorsi, nei programmi formativi e nei social media;
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formare i funzionari pubblici (prefetti, sindaci, insegnanti, educatori) sui codici e le strategie del movimento.
Si propone la creazione di cellule di vigilanza locale, incaricate di monitorare le derive settarie, separatistiche e radicali.
6.2 Proteggere lo spazio scolastico e educativo
Poiché l’ambiente educativo è uno dei principali terreni d’azione del movimento, occorre:
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sorvegliare i contenuti trasmessi nelle scuole private islamiche;
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garantire che le colonie estive e le attività extrascolastiche rispettino i valori repubblicani;
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rafforzare la formazione degli insegnanti sull’educazione alla cittadinanza e sulla laicità;
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sostenere iniziative educative che favoriscano l’integrazione, la diversità e il senso civico.
6.3 Riconoscere e sostenere un islam civico e compatibile con la Repubblica
Lo Stato non deve combattere l’islam in quanto tale, ma:
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sostenere gli attori religiosi e associativi che difendono un islam spirituale, apolitico e repubblicano;
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favorire la formazione di imam che conoscano la lingua e la cultura francesi;
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promuovere il pluralismo all’interno dell’islam francese, contrastando ogni tentativo di monopolizzazione da parte di una sola corrente ideologica.
6.4 Rafforzare la trasparenza e la tracciabilità dei finanziamenti
Per evitare l’influenza di potenze straniere, si raccomanda:
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di rendere obbligatoria la dichiarazione dei finanziamenti esteri per associazioni religiose o culturali;
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di poter verificare i flussi finanziari che arrivano da Paesi come il Qatar o la Turchia;
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di condizionare l’accesso a sovvenzioni pubbliche al rispetto dei valori repubblicani e della laicità.
6.5 Ripensare il rapporto tra Stato e religione
Infine, il rapporto invita a riflettere sulla necessità di:
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aggiornare la legislazione sulla separazione tra Stato e religioni del 1905, per adattarla ai fenomeni nuovi come l’islamismo politico;
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sviluppare una strategia nazionale per la coesione laica, che promuova attivamente i valori della Repubblica;
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garantire la neutralità dello spazio pubblico, senza cedere a pressioni identitarie o comunitariste.
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