L’asse Russia-Iran-proxy si rinsalda. Si scambia intelligence, sistemi d’arma, tecnologia. Senza pudore. Senza pause. Perché tra Europa e Israele non esiste un asse analogo? È la domanda che da settimane rimbalza tra gli analisti israeliani.
Le fonti militari sono esplicite: mentre l’Iran rifornisce Mosca nella guerra contro Kyiv, l’Europa resta divisa, incerta, timorosa. Droni, missili, ingegneri. Tutto scorre lungo la direttrice Teheran-Mosca. Nulla, o quasi, lungo quella Bruxelles-Gerusalemme. Perché?
Una best practice, però, ora c’è. In Germania è partito il sistema Arrow 3. L’altro ieri Israele ha consegnato la prima batteria all’Aeronautica tedesca, durante una cerimonia nella base di Holzdorf, 120 chilometri a sud di Berlino. L’ordine vale 4 miliardi di euro e prevede tre batterie: è la più grande commessa militare mai firmata da Israele.
Il sistema nasce dalla cooperazione tra l’Organizzazione Israeliana per la Difesa Missilistica e la Missile Defense Agency americana. Israel Aerospace Industries cura intercettore e radar. Elbit Systems firma comando e controllo. Tomer e Rafael producono propulsione e intercettore.
Con questa consegna, Berlino diventa il primo Paese a utilizzare l’Arrow 3 fuori da Israele. Un salto storico. E un messaggio politico.
La vendita rientra nell’European Sky Shield Initiative, piano tedesco per blindare i cieli europei dopo l’invasione russa. Un progetto controverso, certo. Ma concreto. L’Italia osserva, studia, rimanda. La prudenza è un riflesso antico. Stavolta rischia di diventare un freno strutturale.
Il punto è strategico: Mosca e Teheran hanno costruito una guerra ibrida, cognitiva, progettata per offuscare lo sguardo europeo. Impongono una narrazione obbligata, che sposta l’attenzione. Così siamo diventati esperti compulsivi di Gaza ma ignoranti di ciò che accade nel cuore d’Europa. Una rimozione comoda. E pericolosa. Intanto propaganda e influencer dell’odio lavorano senza sosta, ammaestrati con cura.
Israele cambia passo. Non resta più a guardare. Prova a scuotere i partner europei dal loro lungo sonno della ragione. Un briefing militare, riservato, sarebbe stato tenuto in sede Nato nelle scorse settimane. Sul tavolo c’è la disponibilità israeliana a condividere tecnologie difensive. Una porta che si apre lentamente, ma si apre.
La reazione militare, intanto, si vede sul campo. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno colpito ieri sera depositi di armi di Hezbollah nel sud del Libano. Gli attacchi sono arrivati dopo l’evacuazione dei villaggi di Jbaa, Mahrouna, Mjadel e Baraachit. Bersagli piazzati, ancora una volta, «nel cuore della popolazione civile». Violazione degli accordi e cinismo strutturale: Hezbollah usa i libanesi come scudi umani. Lo fa da sempre. Continua a farlo.
Da Gerusalemme arriva un’altra notizia: la nomina del nuovo direttore dell’intelligence, Roman Gofman, in servizio da giugno. Via libera dal capo di Stato maggiore Eyal Zamir, che gli ha ribadito pieno sostegno: «Le forze armate lo assisteranno affinché svolga con successo il suo ruolo».
Gofman è oggi segretario militare di Netanyahu. Domani sarà il custode dei segreti d’Israele. In un mondo che diventa ogni giorno più minaccioso.
L’asse Mosca-Teheran cresce. L’Europa dorme. Israele bussa alla porta della Nato
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