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L’abiura per una stanza: turismo e antisemitismo nell’Europa d’estate

Luisa Ciuni

Tempo di Lettura: 3 min
L’abiura per una stanza: turismo e antisemitismo nell’Europa d’estate

Bilancio turistico di inizio settembre. Ormai per prenotare una notte in un B&B sembra serva l’abiura galileiana: si sono moltiplicati, quest’estate, i rifiuti di ospitare cittadini israeliani da parte di strutture che pubblicizzano il proprio nome online su piattaforme come Booking.

Questi episodi si sommano ad altri accaduti nelle isole greche e in varie zone d’Europa. A turisti provenienti da Gerusalemme è stato persino proibito lo sbarco o, una volta a terra, sono stati fatti oggetto di costanti intimidazioni. Un malcostume che non ha provocato indignazione né prese di distanza ufficiali, confermando la crescente ondata di antisemitismo che si aggira per l’Europa.

La piattaforma Booking – che tra le sue condizioni di adesione include il divieto di ogni discriminazione – è dovuta intervenire in almeno due casi (quelli resi pubblici, certo non gli unici). Ha preso provvedimenti contro un albergo del Sud Italia e contro un ostello in Bosnia che avevano rifiutato l’accesso a ospiti con prenotazioni regolari.

Il caso più eclatante è avvenuto a Napoli: una turista israeliana, Shir, si è vista rifiutare la stanza dopo una domanda esplicita. L’albergatore dichiarava di non avere nulla contro gli ebrei, ma tutto contro chi avesse fatto il servizio militare a Gaza o sostenesse il governo Netanyahu. La donna ha denunciato l’episodio come discriminatorio, sottolineando imbarazzo e delusione.

Analoga la vicenda del giovane Ofec Levi: all’ingresso di un ostello in Bosnia, il proprietario gli ha chiesto se fosse israeliano. Alla risposta affermativa, è stato lasciato sul marciapiede. Per fortuna, ha trovato rapidamente un’altra sistemazione più accogliente e ha proseguito il viaggio senza ulteriori problemi.

Booking ha sospeso le strutture coinvolte e sta indagando su un terzo caso, avvenuto nel Ragusano, presso la struttura P43 Sicilian Street, che avrebbe rifiutato l’ospitalità a una donna israeliana. Qui però la chiarezza non è ancora stata fatta, e la struttura rimane attiva sulla piattaforma.

Diversa la scelta della spagnola eDreams, che ha deciso di non ospitare più sulla propria piattaforma le strutture israeliane situate in Cisgiordania, nelle aree considerate «occupate» dall’Idf.

La stagione turistica ha visto un crescendo di episodi: ristoratori che chiedono prese di distanza dal governo Netanyahu, atteggiamenti ostili, un clima poco cordiale che ha colpito i turisti israeliani non solo in Italia, ma in tutta Europa.

Il fenomeno più inquietante resta la richiesta di abiura: l’obbligo di prendere le distanze dal proprio governo, o di esprimere opinioni contrarie a Israele, per poter semplicemente mangiare o riposare.

Un atteggiamento che pretende di essere democratico e illuminato, che vorrebbe distinguere tra «buoni» e «cattivi» israeliani, ma che in realtà è manicheo e aggressivo. E ricorda da vicino le pratiche inquisitoriali inflitte alle comunità ebraiche nei secoli. Un copione che speravamo di non dover rivedere.


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