Al convegno dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, “La storia stravolta”, tenutosi domenica 14 ottobre a Roma, la direttrice dell’Ufficio Stampa Rai, Incoronata Boccia, ha tenuto un intervento che resterà a lungo nella memoria dei presenti. Un discorso lucido, appassionato e privo di retorica, capace di riannodare il filo tra giornalismo, etica e verità.
Il suo intervento — scandito da sette applausi a scena aperta — ha riscosso l’approvazione unanime di una platea di altissimo livello: dal presidente del Cnel Renato Brunetta all’editorialista del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia, fino al Rabbino Capo della Comunità ebraica di Roma, Rav Riccardo Di Segni. A colpire, oltre al rigore del ragionamento, è stato il tono fermo, civile e profondamente umano con cui Boccia ha difeso la verità dei fatti come fondamento insostituibile del giornalismo.
Incoronata Boccia, giornalista di lungo corso e figura di riferimento all’interno della Rai, ha ripercorso due anni di informazione di guerra, analizzando senza sconti la distorsione del racconto mediatico sul conflitto israelo-palestinese. Ha ricordato come, dietro l’emozione e l’urgenza del racconto, si nasconda spesso la tentazione di abbandonare la verifica, di trasformare la notizia in giudizio, e il giudizio in condanna.
«Difendere la verità dei fatti non è negazionismo — ha detto — è giornalismo». Parole nette, tanto più significative in un momento in cui parte della categoria sembra dimenticare che la responsabilità di chi informa è quella di accertare, non di interpretare ideologicamente. Boccia ha ricordato, con esempi precisi, come persino la stampa internazionale abbia dovuto ammettere errori gravi, come nel caso della presunta strage deliberata di civili palestinesi in fila per gli aiuti alimentari: una notizia poi smentita dagli stessi organismi di fact-checking globali.
La verità, ha sottolineato, non appartiene a nessun campo politico. È un bene comune, che i giornalisti hanno il dovere di custodire con rigore e libertà, anche quando — e forse soprattutto quando — è scomoda.
Le sue parole hanno suscitato reazioni indignate da parte dell’Usigrai, che ha criticato la scelta della direttrice di prendere posizione in un contesto pubblico a difesa di Israele. Una polemica che suona stonata, perché in nessun passaggio l’intervento di Boccia ha negato le responsabilità israeliane nei bombardamenti di Gaza: ha semplicemente ricordato che la verità non può essere piegata all’emotività o al pregiudizio.
In risposta, l’associazione Unirai ha espresso piena e convinta solidarietà alla collega: «Boccia è vittima in queste ore di un attacco politico-mediatico tanto feroce quanto strumentale. Il suo intervento è stato un richiamo alla deontologia, alla verifica delle fonti, al rispetto del pubblico. Attaccarla significa colpire il cuore del servizio pubblico e il diritto dei cittadini a un’informazione corretta e pluralista».
Nel suo discorso, Boccia ha anche lanciato un messaggio forte alla sua categoria: «Non possiamo permettere che la propaganda sostituisca il giornalismo. Se rinunciamo alla verifica, rinunciamo alla libertà».
Il suo è stato, in definitiva, un appello alla responsabilità collettiva: a non farsi trascinare dall’onda dell’odio e dalla semplificazione, ma a tornare al mestiere nella sua essenza — quella di cercare, controllare, spiegare. È per questo che la platea, compatta, si è alzata più volte ad applaudirla.
Incoronata Boccia non ha difeso una parte. Ha difeso un principio: che la verità non è un’opinione. In tempi in cui il giornalismo è spesso ostaggio di schieramenti, il suo intervento ha ricordato che l’onestà intellettuale è ancora possibile — e che, se praticata con coraggio, sa ancora suscitare rispetto, anche tra chi la pensa diversamente.
La verità, non la propaganda. Applausi per Incoronata Boccia
La verità, non la propaganda. Applausi per Incoronata Boccia