Il lutto è già in copertina, così il lettore capisce subito da che parte stare. “Inside”, l’ultimo libro di Francesca Albanese, si presenta come “libro-verità”, con tanto di slogan sul retro: attacchi senza precedenti, sanzioni americane, la relatrice speciale Onu trasformata in martire certificata. Manca solo l’aureola fosforescente in omaggio.
Il trucco è vecchio ma funziona ancora: non ti vendo un libro, ti vendo una persecuzione. Non ti propongo un’analisi, ma un processo già chiuso. Dentro ci sono i rapporti Onu, riordinati come vangelo tascabile della causa, più un saggio introduttivo che spiega al lettore chi è il carnefice e chi la vittima prima ancora di aprire pagina uno. Il “libro-verità” è quello in cui la verità è nota in partenza, ogni fatto serve solo a confermarla.
Le sanzioni americane, ovviamente, diventano la medaglia da esibire. Non un problema politico, ma la prova che lei ha toccato il nervo scoperto del potere. È la logica del martire in edizione brossurata: più ti contestano, più ti purificano. Chi osa sollevare dubbi è automaticamente arruolato tra i complici del genocidio, o almeno fra quelli che “non vogliono vedere”.
La copertina lugubre è perfetta: non evoca solo le vittime che Albanese dice di rappresentare, ma anche il funerale della complessità. Dentro c’è tutto, tranne una cosa: l’idea che la realtà possa essere più difficile dello slogan, più ambigua del manifesto, meno comoda della posa eroica da relatrice inseguita dai cattivi. Fuori, invece, resta il lettore, a cui si chiede una sola cosa: credere. Pensare sarebbe già un atto ostile.
La verità a lutto
La verità a lutto
/span>

