A Gaza non esiste solo la guerra contro Israele. Esiste anche una guerra interna, silenziosa e feroce, che Hamas conduce contro la propria popolazione. La vicenda del clan Majida, a Khan Yunis, ne è l’ennesima dimostrazione: un regolamento di conti tribale trasformato in repressione politica, una vendetta organizzata e rivestita del linguaggio dell’ordine e della disciplina.
Secondo le testimonianze raccolte da un giornalista gazawi in esilio, tutto inizia dopo l’uccisione di alcuni miliziani di Hamas in un’operazione delle IDF. Incapace o non interessata a colpire i responsabili reali, l’organizzazione devia la propria rabbia verso l’interno. Il bersaglio diventa il clan Majida. La logica è semplice e brutale: punizione collettiva, intimidazione esemplare, messaggio a chiunque pensi di sottrarsi al controllo.
Hamas chiede la consegna di circa cento membri del clan. Alcuni si presentano volontariamente, convinti di evitare il peggio. Invece vengono trasferiti in una struttura di detenzione improvvisata nella parte occidentale di Khan Yunis. Un luogo che fino a poco prima ospitava sfollati e che, dopo il cessate il fuoco, viene svuotato e riconvertito. Da rifugio a prigione. Da spazio umanitario a macchina della violenza.
Le torture descritte sono sistematiche, non episodiche. Percosse, umiliazioni, lesioni gravi, fino all’estrazione di chiodi. I nomi circolano: Muhammad al-Majaida, Mahmoud al-Majaida, Rafiq al-Majaida. Le immagini parlano da sole: arti ingessati, corpi devastati. Non sono “eccessi”. Sono metodo.
Una fonte locale lo dice senza giri di parole: quella struttura è oggi una delle principali prigioni di Hamas. Non l’unica. Le stesse pratiche si ripetono in altri luoghi che il mondo associa agli ospedali: Nasser, Shifa, Al-Aqsa, Al-Ma’amdani. Sotto la copertura sanitaria, centri di detenzione e interrogatorio. Il cessate il fuoco, paradossalmente, ha reso tutto più facile: meno occhi, più impunità.
Hussam al-Astal, comandante di una milizia locale a Khan Yunis, racconta di essere stato lui stesso torturato. Ricorda che Hamas, da quando ha preso il potere rovesciando l’Autorità Palestinese, ha ucciso centinaia di gazawi. Arresti arbitrari, esecuzioni sommarie, persone colpite alle gambe per aver parlato troppo, per aver urlato, per aver dissentito. Donne e bambini inclusi.
Questo è Hamas quando non recita la parte della “resistenza”. Un potere che governa con il terrore, che usa i clan come bersagli, che trasforma i civili in ostaggi permanenti. A Gaza non c’è solo una popolazione intrappolata tra due fuochi. C’è una popolazione sequestrata da chi pretende di rappresentarla e la tortura per ricordarle chi comanda.
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