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La nostalgia di duemila anni non può essere cancellata con le armi

Scialom Bahbout

Tempo di Lettura: 6 min
La nostalgia di duemila anni non può essere cancellata con le armi

La guerra intrapresa dagli arabi della Palestina contro Israele il 7 ottobre ha fatto emergere un problema che (per usare un linguaggio matematico usato per i decimali del Pi Greco) “dorme” nella storia da centinaia di anni. 

La Storia ebraica è segnata da eventi tragici che avrebbero potuto portare all’estinzione totale degli ebrei: 
la distruzione del secondo Tempio e la deportazione effettuata dai romani; 
l’eliminazione della Comunità ebraica dalla penisola iberica (1492) con l’inquisizione cristiana e la cacciata di chi si era rifiutato di convertirsi al Cristianesimo;
i ripetuti massacri avvenuti in Europa orientale e occidentale (dalle crociate ai pogrom russi);
la Shoà ordita dalla Germania nazista con la partecipazione dell’Italia Fascista che aveva come obiettivo dichiarato il genocidio del popolo ebraico, cioè la sua totale eliminazione in base all’appartenenza a una “etnia” e che portò all’eliminazione di 6.000.000 ebrei, un terzo della popolazione ebraica del mondo, ma della quasi totalità degli ebrei europei.

Quale fu la reazione del popolo ebraico dopo gli eventi tragici appena segnalati? Gli ebrei non si dettero mai per vinti e trovarono l’appoggio anche di coloro che, costretti ad abbandonare l’ebraismo, non rinunciarono mai del tutto a un possibile e prossimo ritorno In questa occasione in cui la realtà è stata stravolta e chi ha attaccato viene presentato come una vittima, molti tra coloro che erano parte del popolo ebraico, ma anche molti tra coloro che erano stati allontanati forzatamente dall’Ebraismo, hanno reagito fino a chiedere di ritornare a essere riammessi nel grembo del popolo ebraico.

Paradossalmente all’attacco violento arabo, vi è stata una reazione non violenta, per aiutare le vittime dell’attacco, i loro parenti ecc, fino ad esprimere la richiesta di un ritorno alle proprie radici ebraiche. Si tratta di un processo complesso al quale lo Stato d’Israele non è preparato, anche se già adesso molte persone che non sono formalmente ebree hanno già ottenuto il diritto di cittadinanza in base alla legge del ritorno. 

Se analizziamo la storia ebraica, abbiamo milioni di persone che potrebbero richiedere un formale ritorno: basti pensare ai discendenti dei marrani dal Portogallo e dalla Spagna che sono arrivati poi in Argentina, in Brasile, Colombia, e nell’America centrale in Messico, in Costarica ecc. In Colombia ci sono molte comunità che hanno assunto comportamenti di una piena vita ebraica in maniera autonoma e che derivano da famiglie di marrani. 

Non dimentichiamo che il fenomeno del Marranesimo si è anche sviluppato nei paesi conquistati colonizzati dall’Islam: la stessa famiglia di Maimonide, per sfuggire alle persecuzioni dell’Islam, avrebbe trascorso un periodo come marrana. 
Da un’analisi approssimativa ci sarebbero circa 50 milioni di persone che potrebbero rientrare in questa categoria e che potrebbero richiedere l’applicazione della legge del ritorno. 

Vi sono grandi gruppi, meglio descritti come comunità con affinità con il Popolo ebraico, che discendono per lo più da conversos, soprattutto di origine iberica, per lo più in America Latina (anche se si trovano gruppi anche in Italia e in altri Paesi europei). Il loro numero è ancora più difficile da stimare, ma con ogni probabilità raggiunge molti milioni, e a riprova di ciò si può notare che secondo gli studi che si occupano di origine genetica – circa il 10%-15% della popolazione della Penisola Iberica è probabilmente figlio di ebrei – il che significa 5-7 milioni su una popolazione di 50 milioni. In America Latina, forse 100-150 milioni di persone su una popolazione di circa un miliardo di abitanti potrebbero far risalire le loro origini alla Penisola iberica. Il Portogallo ha deciso di riconoscere la cittadinanza agli ebrei e alle persone che possono dimostrare di avere un’origine portoghese.

Non tutti gli appartenenti a questo gruppo si identificano come ebrei, ma bastano anche pochi punti percentuali interessati a un qualche tipo di legame con l’ebraismo, perché questo diventi un fenomeno numericamente significativo e destinato a crescere. 
Questo fenomeno non è limitato solo alle persone provenienti dalla penisola iberica. In Italia, oltre alla comunità ebraica, che conta circa 30.000 iscritti, e ad altri piccoli gruppi di alcune centinaia di discendenti di conversos che sono tornati all’ebraismo soprattutto al Sud (ad esempio nella città di Trani), ci sono oggi decine di migliaia di persone che non sono conosciute dalla comunità ebraica e che destinano volontariamente una parte delle loro tasse statali alle organizzazioni ebraiche.

La conclusione ovvia è che, secondo un calcolo approssimativo, in Italia ci sono probabilmente circa 100.000 persone che sentono affinità con il popolo ebraico, ma non sono identificate come ebrei. 
Anche se non rientrano in questo discorso, ricordiamo i discendenti dei cosiddetti cantonisti, giovani e bambini ebrei che i Russi dal 1827 al 1856 rapivano e reclutavano per l’esercito, li convertivano e li mandavano nelle zone più lontane della Russia, dove non c’era una popolazione ebraica.

A parte queste popolazioni, vi sono singoli che chiedono il ritorno, il problema è quello delle popolazioni che, similmente a quanto chiesto dai Falasha e dai Falashmura e dai Benè Menashè, rivendicano una discendenza ebraica: i Sabbatiani ungheresi, i Traskisti  di Inghilterra, gli Abuyadaya di Uganda, i Beit Yeshurn in Camerun, Ksuku in Kenia. L’esistenza dello Stato d’Israele potrebbe essere una risposta alle richieste di queste persone che sono state discriminate per un motivo o per un altro. Trattandosi di popolazioni numerose è chiaro che qualsiasi decisione richiede una riflessione e una trattativa prolungata.

Il conflitto con il mondo arabo ha fatto riemergere un problema che “dorme” nella storia della terra d’Israele. Conquistata dagli ebrei al tempo di Giosuè, è stata poi conquistata dagli Assiri e dai Babilonesi: questa conquista ha di fatto annullato il diritto sulla terra conquistata da Giosuè. Sarà Ciro il Grande a riconoscere questo diritto, permettendo agli ebrei di tornare in “patria” e costruire il Tempio di Gerusalemme. Il diritto non si conquista con le armi. 

Tutti i popoli che hanno abitato quelle terre l’hanno conquistata e colonizzata (gli arabi, i Mammelucchi, i Crociati, i Bizantini, i Turchi): gli unici a mantenere un legame continuativo e stretto con quella terra sono stati di fatto solo gli ebrei. Anche nei momenti più difficili gli ebrei hanno espresso il desiderio del riorno alla terra dei padri: Il mio corpo è a occidente, ma il mio cuore a oriente scriveva nell’anno mille il poeta e filosofo Yehudà Halevi che lasciò la Spagna per andare in Terra Santa, dove morì appena arrivato. 

La decisione dell’imperatore Adriano di cambiare il nome della terra d’Israele da Giudea in Palestina non ha avuto l’effetto desiderato da Adriano: gli unici abitanti della Palestina erano i giudei, mentre una loro parte fu deportata dai romani a Roma. Ebrei sono stati anche i loro discendenti (deportati o meno) che hanno mantenuto dal 135 dell’era volgare in poi un rapporto stretto con la terra d’Israele. Tutte le popolazioni che hanno conquistato quella terra non hanno mai avuto un rapporto intimo con essa. 

La nostalgia per il ritorno nella Terra Santa è stata da sempre una costante nel pensiero e nella poesia ebraica: Se ti dimentico Gerusalemme sia dimenticata la mia destra (Salmo 137, 5).


La nostalgia di duemila anni non può essere cancellata con le armi
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