Napoli ha superato il limite. E lo ha fatto due volte. Prima con il Consiglio comunale, poi con l’Università Federico II. Due decisioni gemelle, uguali nella miopia, identiche nel messaggio: Israele va isolato. Gli ebrei, nell’ombra del sottotesto, pure.
La Comunità ebraica di Napoli non usa giri di parole: «Le decisioni del Comune e della Federico II alimentano l’odio antiebraico». E come darle torto? A dieci mesi dal massacro del 7 ottobre 2023, l’attacco genocida di Hamas a ventidue villaggi del sud di Israele e al Nova Festival, Napoli sceglie proprio il momento della fragile tregua – raggiunta a Sharm el-Sheikh con il “piano Trump” – per riaccendere il fuoco dell’odio. Altro che dialogo: puro combustibile ideologico.
Il Consiglio comunale ha approvato una mozione che invita a «rescindere ogni collaborazione con enti e istituzioni israeliane». Una farsa simbolica che non servirà a Gaza, ma che farà molto male qui, ora. Serve solo ad aizzare i soliti plotoni dell’odio e a dare patente istituzionale alla demonizzazione degli israeliani, «ebrei o arabi che siano», come ricorda la Comunità ebraica.
E la Federico II? Peggio. Il Senato accademico ha deciso di bloccare tutte le collaborazioni con università e imprese israeliane. Tutte. Pubbliche e private. Addirittura valutando lo stop di quelle già in corso: 3,5 milioni di euro bruciati per un gesto politico tanto aggressivo quanto inutile. Un autogol accademico che non farà arretrare Israele, ma renderà l’ateneo più povero, più isolato, più provinciale.
Si parla sempre di “ponti tra i popoli”, ma a Napoli si costruiscono muri. I più pericolosi: quelli morali. Quelli che regalano un sorriso ai fanatici che sognano l’eliminazione di Israele e che sperano di ottenere con il boicottaggio accademico ciò che non hanno ottenuto con i kalashnikov.
Intanto gli ebrei italiani – napoletani inclusi – vivono mesi di insulti, minacce, discriminazioni. Episodi taciuti per non alimentare tensioni, ma che costringono famiglie intere a nascondere simboli identitari, collane, kippah, opinioni.
E allora sì: Napoli oggi dà il peggio di sé. E nel peggio trascina anche chi dovrebbe garantire cultura e civiltà. Perché scegliere il pregiudizio invece del dialogo non è mai un atto politico.
È una resa morale. Una resa pericolosa. Una resa che, ancora una volta, colpisce sempre gli stessi: gli ebrei.
La Napoli antisemita dà il peggio di sé
La Napoli antisemita dà il peggio di sé

