«Your Party», il nuovo partito della sinistra estrema britannica, dichiara guerra allo Stato degli ebrei. Jeremy Corbyn, ex leader laburista, ha finalmente detto apertamente ciò che da anni lasciava intendere: il suo nuovo movimento politico, che appunto si chiama «Your Party», sarà in «opposizione assoluta» allo Stato ebraico. Non alla politica di Netanyahu, non al governo israeliano del momento, ma a Israele in quanto tale. È il punto d’arrivo di una carriera che ha fatto dell’antisionismo un tratto identitario e, spesso, un alibi ideologico.
A 76 anni, Corbyn non cambia pelle. Sospeso e poi bandito dal Labour dopo l’inchiesta della Equality and Human Rights Commission – che nel 2020 certificò discriminazioni «illegali» e gestione «impropria» delle denunce di antisemitismo nel partito – l’ex leader ha scelto la scissione come ultimo palcoscenico. Nell’ottobre 2025 ha annunciato la nascita di Your Party, una formazione che si definisce «socialista di base» e che promette «giustizia economica e potere alle comunità». Ma al centro del messaggio, più che la giustizia sociale, c’è una visione ossessiva: Israele come simbolo del male politico contemporaneo.
«Il progetto sionista», ha dichiarato Corbyn durante un’assemblea del partito, «è sempre stato quello di espandere Israele per sempre, esattamente come Netanyahu sta facendo con il progetto della Grande Israele. Dunque, sì: opposizione assoluta al sionismo e solidarietà assoluta al popolo palestinese». Non è il solito discorsetto retorico, è una piattaforma. Corbyn ha accusato Israele di «genocidio a Gaza» e ha promesso che il nuovo partito sarà «guidato dal popolo palestinese» nelle sue scelte politiche.
Il linguaggio è lo stesso che gli era costato l’isolamento nel Labour, ma ora privo di filtri e mediazioni. Non più obbligato al compromesso di un grande partito, Corbyn dà sfogo a un’antica ossessione, trasformando la causa palestinese in un credo totalizzante, una religione politica che non ammette dissenso. Dietro la retorica della solidarietà si intravede la solita equazione: Israele come potenza coloniale, il sionismo come dottrina da estirpare. È la stessa matrice ideologica che negli ultimi anni ha spinto segmenti della sinistra europea – da Podemos in Spagna alla France Insoumise in Francia – a confondere la critica a un governo con la delegittimazione di un intero Stato.
Intanto Your Party è tutt’altro che solido. A poche settimane dal congresso fondativo previsto a Liverpool, il movimento è già impantanato in dispute interne: circa 800 mila sterline di donazioni, raccolte da una società riconducibile alla cofondatrice Zarah Sultana, non sarebbero ancora state trasferite al partito. Vecchie ruggini ideologiche e nuovi sospetti di opacità amministrativa fanno pensare che la creatura di Corbyn rischi di implodere prima ancora di nascere.
Ma il nodo politico resta più profondo della contabilità. Corbyn non è solo un ex leader in cerca di vendetta contro Keir Starmer, che lo ha estromesso e ha normalizzato il Labour. È il simbolo di una sinistra che ha smarrito il confine tra solidarietà e odio, tra critica politica e demonizzazione. La sua «opposizione assoluta» al sionismo non è un’analisi geopolitica: è un dogma.
Ed è proprio questo il problema.
Mentre nel Regno Unito la comunità ebraica reagisce con preoccupazione crescente, e i conservatori osservano compiaciuti la frattura nel campo progressista, resta una domanda: fino a che punto l’antisemitismo può travestirsi da antisionismo prima di essere riconosciuto per ciò che è? Corbyn non sembra porsi il problema. Ma per l’Europa, dove quel confine diventa ogni giorno più sottile, il suo caso non è un’anomalia: è un avvertimento.
La maschera è caduta: Corbyn dichiara guerra allo Stato ebraico
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