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La lotteria dei numeri e delle fonti sulla stampa

Anna Borioni

Tempo di Lettura: 5 min
La lotteria dei numeri e delle fonti sulla stampa

«Non esiste una prova che Israele abbia mitragliato civili inermi, eppure questo è stato detto senza alcuna verifica delle fonti». Per questa dichiarazione, Incoronata Boccia, capo ufficio stampa della Rai, è stata travolta dagli anatemi del sindacato Usigrai, dell’Ordine dei giornalisti e di diversi esponenti dell’opposizione politica. Eppure, ha solo messo il dito nella piaga. Nelle cronache che hanno raccontato questi due anni di guerra, a quali fonti hanno attinto i media italiani? Quali verifiche sono state fatte per dare conto di una realtà complessa come quella mediorientale?

Nel nostro piccolo abbiamo voluto condurre una rapida indagine su vittime e fonti dichiarate da quattro quotidiani nazionali — Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa e Avvenire — nei loro reportage del 18 e 19 settembre scorsi, all’indomani dell’ingresso dell’esercito israeliano a Gaza City.

Le cronache del 18 settembre


Il 18 settembre, Francesco Battistini del Corriere scrive che i bombardamenti israeliani del giorno precedente hanno ucciso «una mamma con bambino» e «una famiglia intera, polverizzata nella tenda da campo di Muwasi, vicino alla zona umanitaria allestita dal governo per accogliere il milione di fuoriusciti da Gaza City». Da quale fonte provengano queste notizie non è dato sapere, né a quale governo si riferisca il giornalista. Si scopre solo leggendo la cronaca del giorno prima, in cui lo stesso Battistini scrive che l’IDF stava avvisando la popolazione palestinese di recarsi verso sud, a Muwasi, dove avrebbe trovato «tende, acqua e cibo». Perché, dunque, il giorno dopo non precisa che è il governo israeliano ad aver allestito quel campo? Forse perché sarebbe come dire che Israele ha invitato i gazawi a rifugiarsi in un campo per poi bombardarlo? Una manovra diabolica, ma difficilmente sostenibile. Nel sottotitolo dell’articolo si legge «Famiglie intere polverizzate» — al plurale — mentre nel testo si parla di una sola famiglia.

Per Repubblica, l’inviata Gabriella Colarusso riporta che le vittime sono 50, senza citare la fonte, e titola a grandi lettere «Bombe anche sui profughi» — un’affermazione che non trova riscontro nel pezzo. Nello Del Gatto, per La Stampa, scrive che sarebbero almeno 40 le vittime degli attacchi israeliani nelle ultime 24 ore, «più di 100 da quando è iniziata l’offensiva», secondo «fonti governative di Gaza». Cita anche l’attacco all’ospedale Al Rantisi «come denuncia il ministero della sanità locale». Sottotitolo: «I morti salgono a cento». Per Luca Foschi, corrispondente da Ramallah per Avvenire, le vittime sono «58, 36 solo a Gaza, 7 mentre andavano in cerca di aiuti». Il bilancio ufficiale, «secondo le autorità della Striscia controllate da Hamas», avrebbe superato quota 65mila.

Riassumendo: il 18 settembre le vittime civili palestinesi sarebbero, secondo i quattro quotidiani, da un minimo di una madre e un bambino più una famiglia (per il Corriere) a un massimo di 58 (per Avvenire). Le fonti citate: nessuna per Corriere e Repubblica; «fonti governative di Gaza» e «ministero della sanità locale» per La Stampa; «autorità della Striscia controllate da Hamas» per Avvenire.


Le cronache del 19 settembre

Il giorno successivo, Battistini (Corriere) riporta «altri 50 morti fra i civili palestinesi» — ancora senza indicare la fonte. Fabio Tonacci (Repubblica) parla di 79 vittime «contate dai palestinesi», per un totale di oltre 65mila morti, senza specificare la provenienza dei dati. Sottotitolo: «Ieri 80 vittime tra i civili». Mosè Vernetti (La Stampa) scrive che, «secondo il ministero della sanità di Gaza», le vittime sarebbero 83. Luca Foschi (Avvenire) ne indica 48, senza fornire alcuna fonte.

In sintesi: il 19 settembre le vittime civili palestinesi del giorno precedente sarebbero 50 per il Corriere, 79 per Repubblica (80 nel sottotitolo), 83 per La Stampa e 48 per Avvenire. Fonti citate: nessuna per Corriere e Avvenire; «contate dai palestinesi» per Repubblica; «ministero della sanità di Gaza» per La Stampa.

Da notare che il Corriere il 18 settembre riportava — «secondo Hamas» — un totale di 65mila vittime palestinesi, mentre il successivo 8 ottobre Davide Frattini, sempre sul Corriere, scrive che i morti sarebbero 67mila, senza fonte. In venti giorni, dunque, 2.000 vittime in più: cento al giorno. Ma le cronache di quei venti giorni non confermano affatto un simile ritmo.


Numeri, propaganda e pregiudizi

È bastato esaminare due giorni di cronache per verificare che la drammatica conta dei palestinesi uccisi dai bombardamenti israeliani è, nella maggior parte dei casi, riportata senza citare le fonti e con cifre incoerenti. Quando le fonti vengono indicate, si gioca sul “non detto”: mai viene specificato che si tratta di numeri forniti da un’organizzazione terroristica, dunque non verificabili. Oppure si usano sigle apparentemente neutre — «ministero della sanità locale», «fonti governative di Gaza», «vittime contate dai palestinesi» — che accreditano Hamas come istituzione legittima.

Inoltre, nessuno distingue mai tra civili e combattenti, dando implicitamente l’idea che tutte le vittime siano civili. Così, ogni cifra diventa titolo, ogni numero una verità assoluta. La propaganda di Hamas si insinua nelle cronache italiane, spesso inconsapevolmente, talvolta con una coloritura ideologica.

Luca Foschi, sull’Avvenire del 20 settembre, scrive: «Poi il 7 ottobre, evento tragico che libera in Israele gli istinti sionisti più radicali». “Istinti sionisti”, addirittura “più radicali”: un linguaggio che richiama più un coro pro-Pal che un’analisi giornalistica.

E dunque sì, Incoronata Boccia ha ragione. Le reazioni scomposte alle sue parole dimostrano che il sistema dell’informazione è autoreferenziale, incapace di confrontarsi e di evolvere.


La lotteria dei numeri e delle fonti sulla stampa
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