C’è un Libano che non finisce mai di crollare e un altro che non smette di ricostruirsi. Non parliamo di case, ma di bunker. Non di ponti, ma di tunnel. Dopo ogni ondata di bombardamenti, Hezbollah torna a scavare, a saldare, a caricare. È la sua ossessione e il suo ossigeno: ricreare, pietra su pietra, il sistema di guerra che le IDF hanno appena smantellato.
L’intelligence israeliana ha tracciato la mappa di questa ricostruzione silenziosa. Da Beaufort Ridge fino a Tiro, da Nabatiya alla valle della Bekaa, il gruppo sciita ha rimesso in moto una rete di ingegneri, operativi, comandanti di settore con un solo obiettivo: riportare in vita la macchina che gli garantisce potere e legittimità. Israele risponde colpendo, una volta dopo l’altra, gli stessi villaggi, le stesse infrastrutture, gli stessi nomi. Perché Hezbollah non scompare: si sotterra.
A Nabatiya, colpita sei volte in un mese, i raid israeliani hanno eliminato comandanti di alto livello e smantellato i centri di comando del cosiddetto Fronte meridionale. Lì si pianificavano i rifornimenti, i percorsi dei tunnel, la gestione dei depositi di armi. È il cuore logistico di Hezbollah, e chi lo controlla decide quanto a lungo potrà durare la prossima guerra.
Più a ovest, Tiro rappresenta il cervello tecnico dell’organizzazione. Nelle aree periferiche si ricostruiscono infrastrutture sotterranee, bunker e accampamenti: è la zona da cui Hezbollah tenta di rialzare la propria capacità ingegneristica, quella che trasforma una cava di cemento in un laboratorio militare. Ogni giorno, secondo i rapporti israeliani, le IDF colpiscono depositi, mezzi, cantieri, pozzi e officine che servono alla rinascita di questo apparato.
Intanto, lungo il confine, i villaggi di Aita a-Shayb, Kafr Yaron, Al-Bayyad e Naqura tornano a essere laboratori di infiltrazione. Hezbollah non si accontenta di sparare missili: prepara la prossima fase, quella del passaggio di uomini armati dentro il territorio israeliano, dei commando nascosti nei valichi agricoli, dei droni di sorveglianza lanciati da cortili civili.
Per Israele, l’operazione non è più solo difensiva. È chirurgica, quasi archeologica: colpire non ciò che si vede, ma ciò che ricomincia a crescere sotto la superficie. Ogni deposito distrutto interrompe una catena di ricostruzione. Ogni ingegnere ucciso rallenta il riassetto dei tunnel. È una guerra sul tempo più che sul territorio: chi ricostruisce più in fretta, chi distrugge con più precisione.
Il vero terreno di battaglia è però un altro: la popolazione. Nel Libano meridionale molti villaggi sciiti continuano a tollerare – e in parte a sostenere – la presenza delle infrastrutture militari di Hezbollah, anche dopo i bombardamenti, anche di fronte alle macerie. È la combinazione più difficile da disinnescare: un consenso diffuso e una miseria che non offre alternative. Dove lo Stato libanese è assente, Hezbollah appare come l’unico datore di lavoro, l’unica autorità, perfino l’unico costruttore.
Così la linea del fronte si confonde. Le IDF devono distinguere tra civile e miliziano, tra casa e deposito, tra operaio e ingegnere del genio militare. È una guerra fatta di coordinate, non di trincee; di fotografie aeree, non di fronti aperti. Ogni villaggio bombardato è anche un messaggio: non potete nascondervi dietro le rovine.
Hezbollah lo sa e non si ferma. Israele lo sa e non può fermarsi. È una spirale che si alimenta da sola, con una sola certezza: finché ci sarà nuovo cemento da impastare, ci sarà una nuova guerra da preparare.
Nel frattempo, il sud del Libano diventa un museo del rischio: colline svuotate, villaggi evacuati, cave riconvertite in officine belliche. Ogni mappa aggiornata dell’intelligence è la radiografia di ciò che rinasce, non di ciò che muore. In questo Hezbollah è un fenomeno biologico: cresce dove è stato tagliato, come un tessuto che si rigenera proprio grazie alla ferita.
È la guerra invisibile, quella che non riempie i notiziari ma decide il futuro del confine nord di Israele. Una guerra che non si combatte per conquistare terreno, ma per impedire che il nemico ne ricostruisca uno sotto i piedi.
La guerra invisibile di Hezbollah. Il Libano che si ricostruisce per distruggere
La guerra invisibile di Hezbollah. Il Libano che si ricostruisce per distruggere

