Nel 1831 è scoppiata nei Caraibi una rivolta di schiavi che funse da catalizzatore all’abolizione della schiavitù nell’Impero britannico. In realtà la questione fu dibattuta da decenni dal Parlamento di sua maestà Guglielmo IV.
Il governo Whig di Charles Grey si trovò di fronte all’irriducibile opposizione dei proprietari delle piantagioni nelle colonie dell’Impero. Questi chiesero delle compensazioni finanziarie nell’ordine di 20 milioni di sterline, a suo tempo cifra enorme equivalente al cinque per cento del PIL britannico.
La questione non era di facile soluzione finché non intervenne il filantropismo ebraico rappresentato da due personaggi di spicco come Nathan de Rotschild e Mosè Montefiori. Le loro famiglie erano imparentate attraverso matrimoni incrociati. Rotschild e Montefiori aprirono al governo un prestito di 15 milioni di sterline, oggi sarebbero circa 1,5 miliardi di pounds. I rimanenti 5 milioni furono messi a disposizione dal governo. Il progetto di legge fu approvato alla Camera Bassa il 22 luglio del 1833 per poi proseguire l’iter parlamentare e divenire legge il primo agosto del 1834. Va sottolineato che il governo britannico impiegò praticamente un secolo per restituire il prestito, cosa che fece dire a Mosè Montefiori a suo tempo “economicamente il prestito fu un fallimento, ma un grande successo umanitario e politico”. Esempio straordinario di come due ebrei misero il proprio capitale a favore di una causa nobilissima e universale.
Il lettore si porrà la domanda del perché sia attuale questo tema, sepolto dalla storiada quasi 200 anni? Purtroppo le dicerie sulla onnipotente lobby finanziaria ebraica è un cliché molto caro agli antisemiti di ogni epoca. Essi trovano in queste farneticazioni la giustificazione alle proprie frustrazioni, nella ricerca instancabile di qualcuno da incolpare per i propri fallimenti.
C’è da augurarsi che questa narrativa serva a rompere qualche uovo nel paniere di un antisemitismo le cui fila s’ingrossano ogni giorno.
Australia. L’antisemitismo e le scoperte in ritardo
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