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La dignità non si toglie

Andrea Fiore

Tempo di Lettura: 2 min
La dignità non si toglie

Alla Stazione Centrale di Milano, un turista ebreo è stato aggredito perché indossava il calssico abito nero e una kippah. Un gesto vile, improvviso, che ha colpito non solo un uomo, ma un simbolo. Quel piccolo copricapo rotondo, che molti vedono senza conoscerne il significato, è diventato bersaglio di odio. Eppure, proprio in quel momento, ha mostrato tutta la sua forza.

La kippah non è un oggetto di potere, non è un segno di superiorità. È un segno di rispetto. Chi la indossa lo fa per ricordarsi che sopra ogni uomo c’è qualcosa di più grande: Dio, la coscienza, la responsabilità. È un atto di umiltà, non di arroganza. Non cerca di imporsi, ma di testimoniare. E quando quel segno viene colpito, non è solo una persona a essere ferita. È la libertà di tutti a vacillare. Perché ogni volta che un simbolo viene aggredito, viene messa in discussione la possibilità stessa di convivere.

La kippah parla anche a chi non la porta. Ricorda che la diversità non è una minaccia, ma una ricchezza. Che il rispetto non si chiede, si pratica. Che la libertà non è solo un diritto individuale, ma un bene comune. E che nessuno dovrebbe mai sentirsi costretto a nascondere ciò che lo rende se stesso.

In un tempo in cui tutto sembra gridare, la kippah sussurra. E nel suo silenzio c’è una lezione: non serve alzare la voce per affermare la propria dignità. Basta non abbassare lo sguardo. Basta non togliersi ciò che ci rende umani. Perché solo così, un giorno, nessuno dovrà più scegliere tra la propria sicurezza e la propria identità. E quel giorno, saremo tutti un po’ più liberi.

Ma perché quel giorno arrivi, serve vigilanza. Serve cultura. Serve memoria. I governi hanno il dovere di proteggere, ma anche di educare. Non basta condannare l’odio: bisogna prevenirlo, riconoscerlo, disinnescarlo prima che diventi gesto. E le persone comuni, ciascuno di noi, ha una responsabilità altrettanto grande: informarsi, ascoltare, non cedere alla semplificazione, non lasciarsi trascinare dalla retorica del male che trasforma la paura in rancore e l’ignoranza in violenza. Perché il male non nasce solo da chi colpisce, ma anche da chi guarda e non capisce.


La dignità non si toglie
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