Com’è noto, dopo settimane di attesa e dichiarazioni ottimistiche da parte di Trump sull’esito dei negoziati, Hamas ha rilanciato alzando la posta in gioco con controproposte che hanno fatto abbandonare il tavolo ai negoziatori americani e israeliani. «Hamas non è serio», ha dichiarato Trump. Ma no, Hamas è serissimo. E lungimirante: sa come sfruttare le contraddizioni dell’Occidente, la sua pavidità nel riconoscere il vero nemico dei valori di libertà, democrazia e solidarietà, e la sua ambiguità nel contrastare l’ondata d’odio antisemita che lo investe come uno tsunami dal 7 ottobre 2023.
Hamas sa di poter contare sulla crescente pressione internazionale su Israele. Non è un caso che le «non serie» controproposte di Hamas siano giunte dopo la Dichiarazione congiunta del 21 luglio sui territori palestinesi occupati, firmata da 28 Paesi, Italia compresa. La dichiarazione, infatti, esprime una visione apertamente sbilanciata, allineata al mainstream che deforma il dibattito in Occidente attingendo narrazioni e dati dalla propaganda di Hamas, trattati come verità.
Additando Israele come unico responsabile della prosecuzione della guerra e del peggioramento delle condizioni di vita nella Striscia, il testo offre una copertura istituzionale alle pretese dei terroristi, incentivati ad alzare il prezzo per il rilascio degli ostaggi. Tanto che il Congresso Mondiale Ebraico ha espresso forte preoccupazione per «il linguaggio utilizzato in questa dichiarazione congiunta e per i modi in cui potrebbe essere usato impropriamente per promuovere narrazioni fuorvianti su Israele». Tali narrazioni, ha aggiunto, «sono spesso cooptate da attori che cercano di delegittimare lo Stato ebraico e giustificare l’ostilità verso le comunità ebraiche, anche lontane dalla regione del conflitto».
Il documento dei 28 si apre con un perentorio: «La guerra a Gaza deve finire». Giusto. Ma chi deve farla finire? Di chi sono le responsabilità di questa guerra? I firmatari non lo dicono. Si limitano ad appellarsi a un cessate il fuoco rivolto a entrambe le parti, mettendo Israele e Hamas sullo stesso piano: uno Stato democratico brutalmente aggredito, e un’organizzazione terroristica il cui obiettivo dichiarato è la distruzione di Israele.
Secondo questa logica distorta, si afferma che «la sofferenza dei civili a Gaza ha raggiunto livelli mai visti prima» e si chiede ripetutamente a Israele di assumersi le sue responsabilità: per la distribuzione degli aiuti, definita «pericolosa» e «lesiva della dignità umana», per «l’uccisione disumana di civili, compresi bambini», per il «rifiuto di fornire assistenza umanitaria». E ancora: «Israele deve rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario» e «revocare immediatamente le restrizioni al flusso di aiuti, consentendo a ONU e ONG di operare».
Una volta elencate le (vere o presunte) responsabilità di Israele, viene spontaneo chiedersi: e quelle di Hamas? L’organizzazione terroristica è menzionata una sola volta, in relazione alla detenzione degli ostaggi, e se ne chiede il rilascio immediato e incondizionato. Stop. Nessun accenno alle sofferenze dei palestinesi causate da Hamas.
Eppure molti Paesi firmatari riconoscono Hamas come gruppo terroristico. Ma nel documento, ci si guarda bene dal definirla così: altrimenti come si poteva metterla sullo stesso piano di uno Stato democratico? Come si poteva chiamarla «parte in causa»?
Considerare Hamas «parte in causa» è una mistificazione. Perché Hamas non è parte: è la causa. È responsabile della guerra, delle sofferenze degli israeliani e dei palestinesi. È Hamas che, nel suo disegno criminale di distruzione di Israele, ha mandato allo sbaraglio i civili di Gaza, usandoli prima come scudi umani, ora come merce di ricatto per ottenere aiuti.
Chi voleva davvero proteggere la vita dei palestinesi avrebbe dovuto esigere la resa incondizionata di Hamas. Altro che iniziare con un fumoso «la guerra deve finire»: la dichiarazione avrebbe dovuto aprirsi con un forte e chiaro: «Hamas, arrenditi. Deponi le armi. Rilascia subito ostaggi vivi e morti». Questo, e solo questo, sarebbe stato un modo serio per fermare la guerra e salvare le vite innocenti a Gaza.
La dichiarazione dei 28 Paesi: un assist ad Hamas La dichiarazione dei 28 Paesi: un assist ad Hamas La dichiarazione dei 28 Paesi: un assist ad Hamas