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Israele vince sul campo, ma rischia la sconfitta mediatica

Andrea Molle

Tempo di Lettura: 2 min
Israele vince sul campo, ma rischia la sconfitta mediatica

Israele sta vincendo sul campo, ma rischia di perdere su un fronte altrettanto decisivo: quello mediatico. In un’epoca di conflitti multidominio e in un mondo sempre più multipolare, non basta prevalere militarmente. Occorre conquistare anche l’opinione pubblica internazionale, che oggi rappresenta un terreno di scontro tanto cruciale quanto il campo di battaglia tradizionale.

La cultura strategica israeliana si è forgiata sull’idea della sopravvivenza a ogni costo. Una necessità storica, maturata in un contesto ostile, che ha prodotto straordinaria resilienza e capacità di deterrenza. Ma questa stessa impostazione ha reso spesso secondario l’aspetto comunicativo. Israele ha privilegiato la precisione e la letalità delle operazioni rispetto alla gestione del racconto di quelle stesse operazioni. La chutzpah, cifra della sua autoaffermazione, si traduce talvolta in una sottovalutazione delle conseguenze comunicative e relazionali.

Non è un caso che persino tra chi ha lavorato fianco a fianco con il Mossad o con l’IDF – in contesti di cooperazione amichevole – emergano giudizi poco lusinghieri sulle interazioni personali e istituzionali. Non si tratta di colpevolizzare Israele, né di ignorare il percorso storico che ha portato a questa mentalità. Ma la realtà è che la guerra contemporanea si vince anche nel racconto: occorre spiegare, convincere, dare legittimità.

L’opinione pubblica globale non è più spettatrice, ma attrice. Influenza governi, mobilita movimenti, condiziona mercati e alleanze. Israele non può continuare a considerare questo fronte come secondario. Perché, in definitiva, non basta avere ragione sul piano strategico se non si riesce a far percepire le proprie scelte come necessarie, proporzionate e fondate.

Se Gerusalemme non accompagnerà alla sua forza militare una più efficace capacità di comunicazione e relazioni pubbliche, rischierà di vincere battaglie tattiche perdendo la guerra più ampia: quella della legittimità politica e morale nel cuore delle democrazie da cui dipende la sua sicurezza a lungo termine.


Israele vince sul campo, ma rischia la sconfitta mediatica
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